Economia

L'acciaio tifa Trump contro Pechino

Con la guerra dei dazi di Usa e Ue contro la Cina, i big italiani tornano a crescere

L'acciaio tifa Trump contro Pechino

Camilla Conti

Il mondo dell'acciaio deve ringraziare Donald Trump e la sua guerra dei dazi alla Cina. È il messaggio lanciato da Giampietro Benedetti, presidente del gruppo Danieli, tra i leader mondiali nella produzione e progettazione di acciaierie «chiavi in mano», alla platea di 600 operatori di 70 Paesi del mondo richiamati nella sede del gruppo a Buttrio in provincia di Udine.

Nell'attesa di un aumento del consumo dell'acciaio dell'1% l'anno fino al 2035, Benedetti - che ieri non si eradisponibile a parlarne con il Giornale - ha invitato il settore a godersi «questo periodo facilitato anche dai dazi doganali imposti dagli Usa a Cina e altri Paesi esportatori». Trump ha iniziato una guerra delle tariffe con la Cina, imponendo tariffe doganali del 20% alle importazioni di acciaio. Il pugno duro contro il Dragone e la sua concorrenza è infatti una promessa che il presidente Usa vuole mantenere a tutti i costi davanti ai suoi elettori. Dopo un avvio incerto con l'incontro con Xi Jinping nel resort di Mar-a-Lago ad aprile i rapporti si sono fatti più tesi. Il piano dei 100 giorni non ha dato i suoi frutti, e in agosto l'anti-dumping statunitense picchiava contro l'export di acciaio cinese.

In Federacciai, fanno invece risalire l'inversione a metà del 2016 che ha interrotto i cinque cali consecutivi del fatturato consolidato del settore siderurgico. La ripresa è continuata anche quest'anno grazie al «muro» di dazi eretto dalla Ue - più che da Trump - con 23 provvedimenti sulle importazioni di acciaio in dumping, di cui 15 contro Pechino. Che ad agosto ha comunque prodotto 74,6 milioni di tonnellate, l'8,7% in più rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, per un output complessivo che supera 566 milioni di tonnellate (+5,6% sul 2016), vale a dire la metà della produzione mondiale. Commissione Ue, Consiglio ed Europarlamento stanno discutendo da qualche mese nuove misure anti-dumping, anche sotto la pressione dei principali Paesi manifatturieri europei, a partire dall'Italia. È stato trovato un primo accordo informale sul nuovo schema di imposizione dei dazi che, con tutta probabilità, arriverà in aula per la plenaria del Parlamento europeo di novembre e poi richiederà un altro anno per la sua completa entrata in funzione.

Di certo, le ultime rilevazioni di Worldsteel (l'associazione che raggruppa i principali produttori nazionali di acciaio) relative ai primi otto mesi dell'anno in corso confermano il primato della Cina (copre il 69% della produzione mondiale, contro il 10% della «vecchia» Europa), ma registrano anche il costante recupero della siderurgia italiana: da gennaio ad agosto la produzione è cresciuta dell'1,7% rispetto all'anno scorso. Il nostro Paese si rinsalda al decimo posto della classifica dei produttori grazie anche alla frenata dell'economia ucraina. Non solo. I dati di Eurofer evidenziano negli Stati Uniti invece, tra maggio e giugno, è stato venduto più tondo italiano (quello utilizzato nelle costruzioni, soprattutto per le infrastrutture) che negli ultimi cinque anni: 427 tonnellate dal 2012 a oggi, 17mila negli ultimi due mesi.

Il mercato, che fino a poco tempo fa era praticamente vergine, è diventato il secondo mercato per l'Europa al di fuori dell'Ue.

I dati Eurofer segnalano un balzo della media mensile da 2mila a 21mila tonnellate, per un totale di 124mila tonnellate vendute.

Commenti