Politica economica

L'auto elettrica, un diktat impossibile

Il 70% dei veicoli non potrà essere sostituito, ma già cambiare stile di guida può ridurre la CO2

L'auto elettrica, un diktat impossibile

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A meno di due anni dalla nascita, l'«Urban Mobility Council», il think tank del gruppo Unipol che ha lo scopo di stimolare il dibattito sulle nuove forme di mobilità, è approdato all'Europarlamento di Bruxelles. L'iniziativa ha portato all'attenzione dei deputati Ue italiani un nuovo paradigma riguardante la sostenibilità e tagliato sugli aspetti sociali. Le sempre più stringenti norme sulle emissioni e la via dell'auto elettrica, al centro del piano «Fit for 55» al 2035, creano non poche difficoltà alle fasce di utenti piu deboli. Costi elevati delle vetture, vaste aree delle città chiuse al traffico dei mezzi dall'Euro 5 in giù, imposizione dell'auto elettrica con risultati disomogenei Paese per Paese: questioni che il Politecnico di Milano, nel think tank di Unipol, ha affrontato prendendo in considerazione i dati delle «scatole nere». L'obiettivo: stabilire l'impatto ambientale effettivo di ogni singolo veicolo, cioè la misurazione delle emissioni di CO2 non più basate sulla classe Euro del motore, ma da come si comporta il singolo mezzo. «Esiste una tecnologia che consente di arrivare a tale finalità - ha spiegato Matteo Laterza, ad di UnipolSai, agli eurodeputati -: le scatole nere che vengono utilizzate da Unipol per monitorare lo stile di guida dei clienti, dando vantaggi tariffari. Si tratta di far evolvere le scatole nere a scatole verdi. Modificare lo stile di guida può contribuire, in modo più che proporzionale, a ridurre le emissioni di CO2 rispetto a quanto si potrebbe ottenere con la conversione totale del parco auto verso modelli Euro 6 ed Euro 7».

Lo studio fa capire come il problema della mobilità dev'essere affrontato nella sua interezza e non puntando su soluzioni unidirezionali. E questo alimenta nuove discussioni sul tema del contenimento delle emissioni. Lo studio, presentato a Bruxelles da Sergio Savaresi del Politecnico di Milano, ha tenuto conto della ricerca «E-Private Mobility Index» secondo cui, nei prossimi anni, circa il 70% di auto tradizionali non potrà essere sostituito da quelle elettriche. A incidere saranno l'autonomia di percorrenza, le ricariche, i costi di produzione e vendita. In questo scenario, le «green box» hanno evidenziato che non tutte le auto Euro 4 sono da rottamare e non tutte le Euro 6 sono virtuose. Dal campione di 1.000 veicoli Euro 4 e di 1.000 Euro 6 (la classe a priori «peggiore» e quella «migliore») risulta, in maniera ovvia, che le emissioni medie totali di CO2 degli Euro 4 per anno (4.350 kg) sono superiori di circa il 20% rispetto a quelle medie degli Euro 6 (3.650 kg). Viceversa, mettendo a confronto le emissioni effettive (e non medie) dei 1.000 Euro 4 ed Euro 6, la ricerca mostra che il 26% dei primi emette meno CO2 rispetto ad altrettanti Euro 6. L'impatto ambientale dipende, dunque, da come e quanto viene utilizzata l'auto.

Il professor Savaresi: «Occorre passare dal modello basato sulla centralità della classe di motore Euro a quello veicolo-centrico, dove l'individuo diventa protagonista consapevole del proprio ruolo nell'emissione di CO2».

Da qui l'importanza della «green box» nel misurare la CO2 di ogni veicolo sulla base anche del tipo di strada che si percorre, del chilometraggio, della velocità media e dello stile di guida.

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