Economia

Ora la Borsa crede a Fca-Gm La mossa Psa rilancia l'alleanza

Dopo le nozze tra Opel e Peugeot il mercato scommette su un big che avrebbe il 31% in Usa e il 36% in Brasile

Ora la Borsa crede a Fca-Gm La mossa Psa rilancia l'alleanza

Pierluigi Bonora

Sergio Marchionne ha rilanciato tempo fa il risiko dell'auto, puntando a chiudere con General Motors, che però ha sempre risposto picche. È passato qualche anno e Fca è ancora alla ricerca del partner, mentre l'Alleanza Renault-Nissan si è accaparrata Mitsubishi, Toyota e Suzuki sono sempre più vicine, e Psa (Peugeot-Citroën-Ds), di cui si è più volte parlato come socio ideale per il Lingotto, sta chiudendo con Gm per la controllata Opel-Vauxhall. Proprio questa operazione, tuttora in corso, anche ieri ha riscaldato i mercati. C'è infatti chi continua a intravedere l'inizio di un vero dialogo tra Marchionne e la presidente e ad di Gm, Mary Barra, magari benedetto dalla Casa Bianca. Tant'è che ieri, a Milano, le azioni Fca hanno aperto a 10,93 euro per poi salire fino a 11,17 e chiudere, invece, a 10,82 euro con un +0,09%. In un anno il titolo ha segnato +100,71% e nell'ultimo mese +17,80%.

Gli analisti, dando per scontata l'uscita di Gm dall'Europa grazie alla cessione di Opel-Vauxhall ai francesi, hanno cominciato a fare alcuni calcoli. L'ipotetico mega-gruppo Gm-Fca avrebbe circa il 31% del mercato Usa e il 36% di quello brasiliano. Un matrimonio Gm-Fca, inoltre, è considerato un toccasana per tutto il comparto e, soprattutto, per le azioni del Lingotto che, secondo il mercato, continua a quotare a forte sconto rispetto ai concorrenti sulla base del rapporto prezzo/utili stimato per il 2017 (5,3 volte contro 7,9).

Un fatto è certo: gli Agnelli, attraverso il presidente John Elkann, premono su l'ad Marchionne affinché chiuda un nuovo accordo (sempre che ci sia un interlocutore), in modo che la famiglia abbia un ruolo da azionista e non più legato alla gestione dell'azienda.

Tornando a General Motors, resta sempre il fatto che la nuova strategia di Mary Barra punta a dare linfa al titolo alla Borsa di New York, grazie a vendite di qualità e maggiori margini, come sottolineato anche dal Wall Street Journal. Da qui la decisione di uscire da Russia, Australia e ora anche dall'Europa, dove la controllata Opel è in perdita dal 2000. Per il futuro, a quanto sembra, meno gigantismo e più redditività.

Che la Opel stia per diventare francese, dopo aver sfiorato nel 2009 di finire nel carniere dell'allora Fiat, preoccupa non poco Berlino. Ecco la presa di posizione della cancelliera Angela Merkel, resa nota dal portavoce Steffen Seibert: «Al governo tedesco preme molto un futuro positivo per la Opel». I ministeri federali del Lavoro e dell'Economia hanno già annunciato colloqui diretti con l'Eliseo. «La cancelliera - ha aggiunto Seibert - non esclude di partecipare direttamente al confronto», come del resto aveva fatto ai tempi dei negoziati con Fiat. Il governo di Berlino insiste per il mantenimento dei posti di lavoro e dei centri di produzione in Germania, ha spiegato il portavoce: «Faremo tutti i passi necessari in questo senso». L'irritazione dei tedeschi - impegnati a fare le pulci a Fca sulle emissioni di tre modelli, mentre Psa aveva cominciato a sfilare loro Opel - è più che palpabile.

A Parigi, intanto, credono nel buon affare. «Opel ha una posizione molto forte in Germania e nel Regno Unito con la consociata Vauxhall, mentre Psa è soprattutto presente e forte in Francia, Spagna e Italia. Si tratta di una vera opportunità per avere una copertura geografica complementare in Europa. L'idea di fondo è avere una base in Europa che sia solida e che permetta di finanziare la crescita internazionale del gruppo.

Di recente sono stati lanciati progetti industriali in Marocco, Iran, India e nell'Africa subsahariana», ha precisato un portavoce di Psa, azienda la cui proprietà è franco-cinese (14% Eliseo, 14% Dongfeng, 14% famiglia Peugeot).

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