Economia

Pensioni, la Corte costituzionale respinge i ricorsi e salva il decreto Poletti

La Corte costituzionale respinge i ricorsi contro il decreto Poletti sulle perequazioni delle pensioni: "Bilanciati diritti ed esigenze della finanza pubblica". La bocciatura del decreto sarebbe potuta costare allo Stato circa 30 miliardi di euro

Pensioni, la Corte costituzionale respinge i ricorsi e salva il decreto Poletti

Il decreto Poletti in materia di perequazione delle pensioni è pienamente legittimo. Lo ha deciso la Corte costituzionale che ha respinto le questioni di legittimità sollevate da numerosi tribunali e sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti sul decreto Poletti, che il governo Renzi varò dopo la sentenza con cui la Consulta aveva bocciato, nell’aprile 2015, la norma Fornero che aveva bloccato per gli anni 2012-2013 la perequazione automatica delle pensioni con importo mensile di tre volte superiore al minimo Inps (circa 1.450 euro lordi).

Il "bonus Poletti" stabilì una parziale restituzione della rivalutazione (non totale per tutti). Il 100% è stato previsto solo per le pensioni fino a tre volte il minimo Inps; per quelle da 3 a 4 volte venne stabilito il 40%, che scende al 20% per gli assegni superiori di 4-5 volte il minimo, e al 10% per quelli tra 5-6 volte. Chi percepisce una pensione superiore a sei volte il minimo Inps, dunque, è stato escluso dalla restituzione.

Secondo le ordinanze con cui i giudici rimettenti hanno sollevato le questioni di legittimità, il decreto Poletti era in contrasto con i principi costituzionali di proporzionalità e adeguatezza del trattamento previdenziale, inteso come retribuzione differita, espressi dagli articoli 36 e 38 della Costituzione. In alcune ordinanze si lamentava anche la violazione del giudicato costituzionale, in relazione alla sentenza sulla norma Fornero, e la violazione del principio di ragionevolezza.

La valutazione della Consulta

La "nuova e temporanea disciplina" prevista dal decreto Poletti - argomenta la Corte costituzionale - "diversamente dalle disposizioni del ’Salva Italià annullate nel 2015", realizza "un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica".

Quanto sarebbe costata la bocciatura del decreto

Una bocciatura del decreto Poletti sarebbe potuta costare allo Stato circa 30 miliardi di euro. Questa, infatti, era la cifra stimata - al netto delle restituzioni già pagate dall’entrata in vigore del decreto del 2015 - dal legale dell’Inps, Luigi Caliulo, a margine dell’udienza di ieri alla Corte Costituzionale. Tale cifra, contenuta nelle memorie che gli avvocati dell’Inps avevano trasmesso alla Consulta, è stata ricavata dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto Poletti.

Il ministro Poletti: "Sono soddisfatto"

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, rispondendo a una domanda sulla sentenza della Consulta dice di essere "soddisfatto perché la sentenza ha stabilito la bontà del nostro lavoro e il rispetto dei principi costituzionali".

Consumatori: "Decisione che lascia perplessi"

"Una pessima notizia - sottolinea Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori -. Buona per i conti pubblici, ma molto negativa per i pensionati che faticano ad arrivare
alla fine del mese. Il problema è che il rimborso deciso dal Governo era parziale per tutti, anche per chi aveva una pensione pari a 4 volte il minimo. Ecco perché la sentenza di oggi, ritenendo realizzato un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica, ci delude e ci lascia perplessi". "La speranza era che, almeno per i titolari dei trattamenti previdenziali più modesti, pari a 4 volte il trattamento minimo, la Consulta stabilisse l'obbligo di un rimborso e di un adeguamento completo".

Sindacati: "Resta l'amaro in bocca"

"Prendiamo atto della sentenza della Consulta sul decreto Poletti - osserva il segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti -. Resta però irrisolto il problema del reddito dei pensionati, che in questi ultimi anni ha perso sensibilmente di valore e non è stato degnamente rivalutato. Ai pensionati - continua - resta l'amaro in bocca sia perché si sono visti sottrarre delle risorse sia perché queste sono finite nel debito pubblico anziché essere utilizzate per aiutare i giovani". "A questo punto - ha concluso - c'è assolutamente bisogno di un nuovo meccanismo di rivalutazione che sostenga il potere d'acquisto dei pensionati. C'è l'impegno del governo a metterlo in vigore dal 1° gennaio 2019 e noi vigileremo affinché ciò avvenga. Vogliamo inoltre che si riduca il carico fiscale che è più pesante per i pensionati rispetto ai lavoratori".

Rincara la dose Romano Bellissima, segretario generale della Uilp: "Le motivazioni della Corte non sono congrue né comprensibili. Oggi è un giorno triste per la giustizia. La consulta ha fatto prevalere, a nostro avviso, le ragioni di Stato dichiarando legittimo il decreto Poletti n.65 con queste motivazioni: 'che la nuova e temporanea disciplina realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica.

Il sindacato - conclude - non si deve rassegnare alle ingiustizie e deve continuare le lotte in difesa del potere d'acquisto delle pensioni, così come previsto dalla Carta costituzionale".

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