Economia

Il Pil Usa cresce più delle attese (+2,3%): i mercati scommettono su tassi in rialzo a giugno

Rodolfo Parietti

Anche gli ultimi dubbi sull'aumento dei tassi Usa in giugno da parte della Federal Reserve sono stati letteralmente polverizzati, ieri, dall'inatteso aumento del Pil americano nel primo trimestre. Storicamente, nel periodo gennaio-marzo il motore economico degli States gira su bassi regimi a causa del clima spesso rigido e delle festività ormai alle spalle, ma questa volta una crescita del 2,3%, contro il 2,1% previsto dagli analisti, ha interrotto la tradizione. È un segno di vitalità, nonostante le spese dei consumatori siano aumentate solo dell'1,1% (è l'incremento più contenuto da metà 2013) dopo il +4% del quarto trimestre del 2017. La febbre da shopping, salita sul finire del 2017 grazie ai tagli fiscali decisi da Donald Trump, sembra quindi essere scesa. E le imprese si sono fatte un po' più caute, visto che gli investimenti fissi sono crollati dal +1,31% di settembre-dicembre a +0,76%.

Nel complesso, comunque, si tratta di dati solidi anche se smentiscono la profezia fatta lo scorso febbraio dal presidente della Fed, Jerome Powell, di un'economia più forte rispetto a dicembre. Ma, soprattutto, sono un'indicazione forte sulle prossime mosse di politica monetaria anche alla luce di un'inflazione core ormai al 2,5% e di salari cresciuti dello 0,9% su base trimestrale dallo 0,6% del trimestre precedente. La crescita del Pil ha infatti fatto schizzare ieri al 93,3% le possibilità di una stretta in giugno, una percentuale mai toccata. Non solo. Il mercato ora accredita pure un 34,2% di chance a un rialzo dei tassi di un quarto di punto già in occasione della riunione della prossima settimana. Una decisione che aumenterebbe in modo esponenziale le probabilità di assistere a ben quattro giri di vite nel corso del 2018 e creerebbe nuovi allarmi sui mercati. A maggior ragione in un momento in cui si è ulteriormente appiattita la curva tra i rendimenti dei treasury a 10 anni e quella dei due anni, ormai arrivati al 2,4495%.

E, storicamente, un'inversione della curva preannuncia una recessione nel breve termine.

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