Economia

Le sanzioni Usa all'Iran nuova sfida per le imprese

Il rapporto del Centro Studi di Confindustria Un aiuto potrebbe arrivare dallo «scudo» Ue

Le sanzioni Usa all'Iran  nuova sfida per le imprese

Le sanzioni Usa all'Iran complicano la partita, ma le imprese italiani non devono arrendersi e accettare la sfida trasformandola in una importante opportunità, considerando soprattutto gli spazi da conquistare sul campo degli affari. Può riassumersi così il messaggio di uno studio pubblicato ieri dal Centro Studi di Confindustria sugli effetti che l'isolamento di Teheran deciso da Donald Trump potranno comportare per il sistema imprenditoriale italiano.

Partiamo dalle cifre: l'Iran è il quarto esportatore mondiale di petrolio e nella classifica dei fornitori all'Italia occupa il terzo posto, con una quota pari al 12,2% del totale (nei primi otto mesi del 2018). Ma soprattutto l'Iran è anche un buon mercato di sbocco per il nostro export: Confindustria ricorda che «l'Italia ad oggi ha una quota di mercato pari al 3,8%, che salirebbe a circa il 7,3% nel caso in cui riuscisse ad esprimere a pieno il suo potenziale».

Il problema è che lo scorso 8 maggio il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha deciso l'uscita dall'accordo sul nucleare iraniano e il 5 novembre la Casa Bianca ha imposto il blocco delle esportazioni iraniane di petrolio - con l'eccezione temporanea per i primi otto paesi importatori, tra cui l'Italia nonchè l'isolamento finanziario dell'Iran. L'Ue ha deciso di sostenere l'accordo, cercando però di predisporre degli strumenti per bypassarlo: la possibilità di risarcimento dei danni e la creazione di un canale alternativo a quello vigente per le transazioni finanziarie internazionali, attualmente inabilitato dalle sanzioni dell'amministrazione Usa, per processare i pagamenti da e verso l'Iran.

Nel frattempo, «oltre a dover far fronte ad un quadro normativo più complesso, le aziende si troveranno a dover competere in spazi più stretti», sottolineano i tre autori del report (Tullio Buccellato, Cristina Pensa e Ciro Rapacciuolo). La sfida sarà quindi quella di aumentare le quote per cercare di tenere elevato l'export in valore; le opportunità per l'Italia non mancano. L'import totale dell'Iran si è attestato nel 2017 poco sotto i 50 miliardi di dollari e nell'ultimo quinquennio si è assistito a un crescente peso di beni ad alto contenuto tecnologico, in cui l'Italia gode di un elevato grado di competitività sui mercati globali: il peso degli autoveicoli è passato dal 2,9% del 2012 al 6,4% nel 2017, i macchinari dal 7,6% all'8,7%, le apparecchiature elettriche dal 3,4% al 4,6% e la chimica-farmaceutica dal 3,5% al 4,6%».

Tenuto conto che Teheran ha una composizione della domanda di beni importati in linea con i prodotti esportati dal nostro Paese, i tre economisti di Confindustria stimano che ci sia un potenziale di 1,7 miliardi contendibile ai principali concorrenti nell'area.

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