Economia

Se il petrolio crolla, il prezzo della benzina in Italia non scenderà

Uno studio di Goldman Sachs prevede un crollo del greggio, che non si ripercuoterà sulla benzina italiana. Colpa delle tasse

Se il petrolio crolla, il prezzo della benzina in Italia non scenderà

Il prezzo inchiodato a 1,50€ da la sensazione di un mercato bloccato. La crisi dei consumi, che sembra in via di superamento, potrebbe trovare un ulteriore nemico nel crollo del prezzo del petrolio. Secondo uno studio della banca d'affari Goldman Sachs il prezzo del petrolio potrebbe crollare a 20 dollari al barile. Sullo sfondo, però, il prezzo della benzina potrebbe rimanere fermo ancora per molto tempo.

Lo studio Goldman

Sono lontani gli anni in cui si parlava delle scorte petrolifere prossime alla fine. Di petrolio ce n'è ancora molto, anzi troppo. Per gli analisti di Goldman Sachs "Il mercato del petrolio è approvvigionato in eccesso persino più di quanto avevamo previsto e adesso stimiamo che questo surplus persisterà anche nel 2016". La soglia psicologia dei 20 dollari al barile probabilmente è da escludere nel breve periodo, ma più avanti potrebbe diventare una realtà. Ma perché il prezzo dovrebbe scendere? Perché l'offerta del greggio è destinata a salire. L'accordo sul nucleare iraniano ha di fatto portato alla fine delle sanzioni sul Paese degli ayatollah, che quindi potrebbe tornare in gioco. L'Iran è il quarto paese nel mondo per riserve petrolifere e si appresta tornare sul mercato con prezzi appetibili, soprattutto guardando ai clienti asiatici, tra cui la Cina, sempre assetata di greggio per alimentare la sua industria.

Per l'Agenzia internazionale per l'energia l'abbondanza di greggio colpirà i paesi fuori dall'Opec (tra i quali, Usa, Canada, Russia, Norvegia). Gli Stati Uniti, che negli ultimi anni hanno spinto molto sullo shale oil, rischiano di dover ridurre di molto la produzione, facendola scendere di circa 400mila barili al giorno. Il ritorno sulla scena dell'Iran non è il solo fattore di rischio. La scelta di Washington di ridurre la dipendenza dal petrolio estero ha convinto l'Arabia Saudita a mantenere la produzione facendo scendere il prezzo in modo da vedere quale Paese avesse le spalle più larghe per reggere l'urto dei ribassi. Secondo lo studio Goldman sembra proprio che a preoccuparsi dovranno essere gli americani.

Il prezzo della benzina

Se il prezzo dell'oro nero rischia di precipitare, non vale lo stesso per la benzina, soprattutto in Italia. Vediamo perché. La compravendita del greggio avviene con dei contratti di tipo futures, cioè contratti con consegna immediata e pagamento nei mesi successivi, con un prezzo che però rimane fisso. Questo vuol dire che se il contratto viene stipulato adesso, l'acquirente per i mesi successivi pagherà con il prezzo previsto dal contratto, anche se nei mesi che seguono il prezzo dovesse crollare.

Questo meccanismo non è sufficiente però a spiegare perché il prezzo della benzina non scende. Qui entrano in causa due fattori, la rete di distribuzione del petrolio e dei prodotti derivati, e le accise sul prodotto finito. Secondo i dati del ministero per lo Sviluppo Economico in Italia il prezzo industriale dei carburanti è di 0,50€ al litro (in per fetta media europea) ma il prezzo finale è di 1,50€. Le tasse che si pagano sul petrolio sono sostanzialmente di due tipi: l'Iva che grava per il 20% per un importo di circa 0,30€; e le accise che pesano per 0,73€ tra queste le più famose sono: Guerra in Abissinia del 1935, La crisi di Suez del 1956, Il disastro del Vajont del 1963, Alluvione di Firenze del 1966, Terremoto del Belice del 1968, Terremoto del Friuli del 1976, Terremoto in Irpinia del 1980, Missione in Libano del 1983, Missione in Bosnia del 1996, Rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004, Crisi libica del 2011, Alluvione in Liguria ed in Toscana del 2011, Terremoti dell’Emilia del 2012.

peso accise

Ma se in futuro il petrolio scende ancora, scenderà anche la benzina? Forse. Ci sono infatti delle tasse dormienti, accise che non sono ancora state aggiunte ma che lo saranno in futuro. La prima riguarda le clausole di salvaguardia previste per il periodo dal 1 gennaio 2015 al 15 febbraio 2016; la seconda riguarda il periodo dal 1 gennaio 2017 al 31 dicembre 2018 che secondo la legge di stabilità del 2014 dovranno portare nelle casse dello Stato 220 milioni i euro nel 2017 e 199 milioni nel 2018. La terza deriva dal Dl Competitività del 2014 che prevede un aumento delle accise negli anni 2019, 2020 e 2021 che dovrebbero portare allo Stato 140 milioni nel 2019; 146 nel 2020 e 148 nel 2021.

Ovviamente sulle tasse future peserà un eventuale aumento dell'Iva che si applicherà sulle singole accise, riducendo l'impatto di qualsiasi crollo del prezzo del petrolio.

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