Economia

Titoli, azioni e valute: come investire dopo il Quantitative Easing

La misura voluta dalla Bce potrebbe cambiare gli scenari dell'economia europea sul medio-lungo periodo. Ecco i fattori di cui è bene tenere conto quando si investe

Titoli, azioni e valute: come investire dopo il Quantitative Easing

Quantitative easing: lo abbiamo atteso, lo abbiamo raccontato, abbiamo cercato di spiegarvi di cosa si tratti. Abbiamo provato a prevedere gli effetti della misura della Bce sull'economia dell'Eurozona e su quelle dei singoli Paesi membri; ora si tratta, passato il grande scoglio delle elezioni in Grecia, di andare a vedere quali saranno le conseguenze sul portafoglio d'investimento dei cittadini europei.

Come influisce il Qe - cioè il tentativo del'istituzione guidata da Draghi di acquisto di titoli (in gran parte) pubblici per rilanciare dinamica dei prezzi e offerta di credito nell'eurozona -  sulle scelte di chi vuole investire in azioni, titoli e valute? La risposta, naturalmente, dipende dall'effetto che i mille miliardi messi sul piatto da Francoforte sortiranno sull'economia del Vecchio Continente: secondo uno studio commissionato dal Corriere Economia alla società indipendente di consulenza MoneyFarm, c'è un 70% circa di probabilità che il Qe sia efficace.

Lo scenario positivo previsto in questo caso sarebbe contrassegnato da un aumento controllato dei prezzi, da un aumento del Pil e dell'occupazione, oltre che da un aumento dei profitti aziendali: investendo in un portafoglio mediamente prudente ma ben diversificato, con questo panorama macroeconomico si potrebbe guadagnare fino al 6-7% in un anno. Diversamente (ma questa è un'ipotesi assai meno probabile), se stagnazione e prezzi al consumo dovessero mantenersi stabili, i risparmiatori dovrebbero rassegnarsi a un più modesto 1%-2%.

Se il Quantitative easing si rivela efficace

In caso di ripresa, una buona strategia potrebbe prevedere azioni ed obbligazioni ad alto rischio/alto rendimento: il Corriere azzarda un 60% del portafoglio investimenti in reddito fisso, tra un 25% di obbligazioni governative agganciate all'inflazione (finora piuttosto deludenti e passibili di ripresa), un 10% di emissioni governative globali (qui si punta sulla svalutazione della moneta unica e sulla rivalutazione del dollaro) e a un 5% a testa per bond societari ad alto rendimento in euro e titoli in valuta di Paesi emergenti. Dall'investimento obbligazionario ci si attende un rendimento del 2%-3%, mentre dalla componente azionaria la performance che ci si aspetta sale al 10% annuo.

Se le cose invece vanno male

In caso di scenario negativo, magari provocato da un aumento dei tassi di interesse Usa con conseguente frenata della crescita o da crisi politiche nei Paesi eurodeboli, nel segmento del reddito fisso non converrebbe più investire in bond agganciati all'inflazione, mentre avrebbe più senso puntare sulle obbligazioni governative tradizionali. Perderebbe di importanza anche il ruolo dei bond globali, mentre acquisterebbe rilevanza il 20%, sempre sul reddito fisso, di obbligazioni societarie ad alta sicurezza.

Le Borse

Nonostante la misura decisa da Draghi fosse stata preceduta da ben cinque sedute consecutive al rialzo, i mercati hanno accolto con favore il Qe e Piazza Affari ha festeggiato con un rialzo di oltre l'8%. Secondo un report di Goldman Sachs, il Qe dovrebbe "abbassare il premio al rischio riconosciuto delle azioni, favorendo un rialzo delle quotazioni e un'espansione delle valutazioni." A trarre maggior vantaggio dalla rinnovata fiducia degli investitori nella Borsa dovrebbero essere, secondo la banca d'affari britannica, i settori finanziari e industriali ciclici, come anche quelli legati ai beni di consumo e quelli sensibili al dollaro (ad esempio Autogrill, Stm e Airbus). Tra le piazze che più possono sperare ci sono Madrid (da segnalare Enagas e Bbv) e Milano (Atlantia, Mediaset, Beni Stabili e Intesa San Paolo). Previsioni meno rosee, invece, vengono formulate per i titoli legati alle materie prime e quelli più vulnerabili al calo della domanda dei Paesi emergenti dipendenti dal petrolio.

Obbligazioni

Chi volesse investire in un portafoglio a medio rischio, dovrebbe tenere presente un 15% di titoli in dollari statunitensi (meglio a durata contenuta, visto il rischio di aumenti dei tassi a stelle e strisce); un 25% di titoli più "sicuri", legati a Paesi virtuosi dell'Eurozona; il restante a emissioni di Paesi periferici dell'Europa meridionale, come Italia, Spagna e Portogallo, ancora interessanti per chi è disposto ad accettare il rischio-durata.

Commenti