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Netanyahu preso in giro sul web dopo il commento sui jeans in Iran

Un commento infelice del premier israeliano scatena l'ilarità sui social network

Netanyahu preso in giro sul web dopo il commento sui jeans in Iran

Lo scontro verbale tra Iran e Israele, il primo apparentemente a caccia di un'apertura a Occidente, il secondo preoccupato dalla prospettiva di Teheran dotata di armi nucleari, ha per una volta abbandonato i tavoli della diplomazia.

Un commento infelice del premier israeliano Benjamin Netanyahu, intervistato dalla edizione in farsi della Bbc, ha scatenato un allegro sfottò sui social network. "Penso che se gli iraniani avessero la libertà - ha detto - metterebbero i jeans, ascolterebbero musica occidentale e voterebbero in elezioni libere".

Le elezioni libere e la preoccupazione sul programma nucleare di Teheran sono passate rapidamente in secondo piano, sepolte sotto una piccola messe di fotografie che ritraggono giovani iraniani con le gambe fasciate da quei jeans che, secondo Netanyahu, nel Paese sono vietati.

"Ecco un negozio che vende armi di distruzioni di massa", si legge in un tweet che mostra una foto scattata dall'agenzia Mehr in uno store di abbigliamento. Se in Iran esistono norme sugli abiti che le donne possono indossare, non ci sono infatti particolari limitazioni per quanto riguarda i jeans.

Qualcuno ha scritto polemicamente che se il premier israeliano non sa che in Iran si mettono i jeans, di certo non può sapere se sta "sviluppando armi nucleari". Tra le foto comparse sul web un fotomontaggio che prende in giro una famosa immagine di Netanyahu che, lo scorso anno, mostrava alle Nazioni Unite un grafico per sostenere che Teheran fosse ormai a un passo dal dotarsi di un arsenale atomico.

L'immagine dal più alto contenuto simbolico è però quella che ritrae un bambino in jeans, mentre parla all'orecchio dell'ayatollah.

I pantaloni, ricordano gli iraniani, non fanno parte delle limitazioni a cui il Paese è sottoposto. Che comprendono invece il blocco dei social network.

In Iran non è possibile accedere - quantomeno per vie canoniche - a twitter e facebook dalle proteste per la rielezione di Mahmud Ahmadinejad nel 2009.

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