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Rivolta dei trattori, assedio a Bruxelles

Scontri davanti ai palazzi Ue. Incontro con von der Leyen. Meloni: "Transizione non ideologica"

Rivolta dei trattori, assedio a Bruxelles

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La mano tesa dalla Commissione europea alla vigilia del vertice dei capi di Stato e di governo non è bastata: né la deroga sulla Politica agricola comune sui terreni a riposo, né i biscotti offerti in segno di solidarietà dagli agenti agli agricoltori. Anzi, la tensione che già ieri mattina circondava il Consiglio europeo è esplosa a Bruxelles come mai prima. Circa 1.300 trattori sul piede di guerra. Dall’alba. E quando il vertice è iniziato - in un’area circondata da filo spinato e barricate - migliaia di «trattori» si erano già addentrati a Place de Luxemburg.
La rabbia degli agricoltori ha preso il sopravvento.

Esasperati da dichiarazioni contraddittorie, sono partiti fumogeni, petardi, slogan dai megafoni in diverse lingue; dal francese all’italiano, dall’olandese allo spagnolo fino al tedesco e al portoghese. «Guardate in strada», avrebbe detto a un certo punto il premier polacco Donald Tusk ai colleghi. Intorno al cuore politico dell’Ue, stava andando in scena una rivolta. Accerchiamento a quattro ruote. E carburante usato per appiccare roghi in piazza; poi cumuli di pneumatici bruciati o scagliati contro i palazzi delle istituzioni Ue, bottiglie, uova. Abbattuta anche una statua: quella del meccanico Beaufort, tirata giù, tra le fiamme a Place du Luxembourg. Fino a quel momento gli agenti in tenuta anti-sommossa avevano lasciato fare. Il sindaco della capitale belga, Philippe Close, ammette d’aver sottostimato la protesta («ci aspettavamo 800 trattori, sono 1.300 e oltre duemila persone)» e annuncia che «la polizia è pronta se dovesse degenerare». Cosa che accade. Sirene e idranti: almeno 4 i fermati. E al tramonto, lo sgombero.

C’è anche Coldiretti, in piazza a Bruxelles. Il leader Ettore Prandini invita l’Ue a sottolineare che l’agricoltura ha un ruolo centrale. Ma dalla presidente della Commissione, Von der Leyen, solo una rivendicazione: «All’agricoltura - dice - destinato un terzo del bilancio e 500 milioni a chi è stato colpito dalla crisi, ora collaboriamo con gli Stati membri per rispondere alle sfide immediate». Emmanuel Macron, consapevole d’avere i sit-in francesi col televisore puntato sudi lui, in una Francia epicentro della crisi, annuncia agevolazioni fiscali per 400 milioni e ribadisce il secco No all’accordo di libero scambio coi Paesi del Sudamerica: «O chiediamo reciprocità o non se fa nulla, altrimenti è la giungla, non possiamo negoziare come facevamo negli Anni ’90».

Poi l’ultimatum a Ursula in diretta tv: «Entro febbraio la Commissione deve semplificare le regole per gli agricoltori». Basta burocrazia inutile. Prende corpo pure l’ipotesi di una legge Ue per evitare che le centrali d’acquisto aggirino le norme degli Stati come la «Egalim» francese, legge inefficace ma da migliorare in chiave europea per proteggere i ricavi degli agricoltori e dare filo da torcere alla grande distribuzione.
Anche la premier Giorgia Meloni sta con chi protesta, convinta però che un cambio di linea potrà arrivare solo dopo le elezioni europee di giugno, «sperando che prevalga un approccio diverso da quello ideologico visto finora...».

La rabbia è ancora in mezza Europa e nel suo cuore. E ieri in Italia una dozzina di trattori da Melegnano ha raggiunto Milano e la sede di Regione Lombardia. «Se non ci ascoltano, marceremo anche su Roma».


Dove il vicepremier Tajani ha riassunto così gli errori di miopia commessi dalla Commissione: «Non puoi occuparti di una stalla se non sai come funziona», accusando Greta Thunberg d’essere la «papessa» e l’olandese Frans Timmermans il «ciambellano» del «nuovo panteismo».

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