Cronaca locale

Fu davvero un «Quarantòtt»

Le ricostruzioni storiche, inutile negarlo, hanno spesso più un qualcosa di patetico che di coinvolgimento emotivo. Salvo eccezioni.
LE TESSERE DEL MOSAICO
Infatti, quando ti trovi fra le mani delle inattese autentiche conferme (e grazie a Dio succede ancora!) che ti consentono inaspettatamente e sorprendentemente di ritrovare le rare tessere che completano un mosaico, la mente ti porta quasi ad essere testimone diretto di quei tempi. Un esempio che ci riguarda da vicino. Quando Monsignor Luigi Gerli, quel sant'uomo che era idoneo ad officiare la messa in Duomo, come cappellano dell'Ospedale Fatebenefratelli «Ciceri Agnesi» sbucò in pronto soccorso dal dedalo sotterraneo dei corridoi ospedalieri con un polverosissimo vecchio registro (era il 1968) notai che, porgendomelo, gli tremavano persino le mani: «Guardi cos'ho trovato...», mi disse con manifesta emozione per la sensazione fisica di avere fatto una scoperta importante.
Ero il suo confidente di fiducia per le questioni più delicate di certe situazioni di ammalati sfortunati nonchè per le ricerche storiche e, quella volta, aveva rinvenuto nientemeno che un «Protocollo degli ammalati per lo spedale dei PP. Fatebenefratelli di Milano», datato marzo 1848. Un registro su cui un padre scrivano dalla chiara e impeccabile calligrafia, a svolazzi e fine e grosso con la penna d'oca, aveva l'incarico di riportare le generalità complete degli ammalati, con diagnosi e datati esiti del decorso.
Dati preziosi di documentazione, verifiche e confronti di valore internazionale: andava subito fotografato e fotocopiato (eravamo agli albori, alla fine degli anni Sessanta) perché fosse ben tutelato. Ed ecco alcuni inediti rilevamenti sotto la messa in vista dei «Feriti nei giorni del riscatto», come quello della prima grave vittima del 18 marzo (giornata che diede il via ai moti milanesi), pervenuto in ospedale con la gamba sinistra maciullata da una palla d'archibugio. Il 26enne Borsani Costantino, ferraio, amputato della gamba sinistra e «dimesso» (allora, senza antibiotici e terapie moderne) il 31 maggio! Un inizio di buon auspicio, considerati anche gli strumenti chirurgici, con l'amputante, i fili di rischiosa seta, le flebo ipotetiche, le trasfusioni a rischio di gruppo e senza rilievo del fattore Rh, l'anestesia sommaria ecc. A cui si aggiunga la considerazione di vedere pervenuti non solo i rivoltosi ma anche gli imperiali.
SEGNI PREMONITORI
La percezione di qualcosa di realmente preoccupante che stava per accadere era già da tempo nell'aria a Milano. Quel malessere che si avverte attorno di indefinito ma che suscita quel timore di insicurezza che deprime il tono dell'umore e che i milanesi chiamano arlìa, nella loro tanto bistrattata lingua ma con chiare derivazioni etrusche, greche e latine (le altre lingue non hanno fatto che da tramite a queste loro stesse derivazioni). Una sensazione che solo un buon indovino (in latino classico detto harìolus) potrebbe cogliere nell'aria. Oltre la fuga verso Verona alla chetichella, con le tasche piene, del vicerè Raineri, il venerdì 17 (un'abbinata di sventura del n. XVII in latino, mutabile in VIXI, vissi). E il sabato era il giorno di paga della settimana, solo i militari prendevano la decima. Ora, il 18 marzo 1848 ora di sabato e i milanesi...

pagarono il loro sabato, quel che si meritavano agli imperiali.
IL PREDICATORE TRUCIDATO
Don Marino Lazzarini, predicatore quaresimale in San Bartolomeo (che allora era all'angolo delle attuali vie Turati e Manzoni) venne baionettato nella sua stanza mentre pregava e l’accusa è qui chiaramente documentata nel Registro! La sua morte annunciata da un pretucolo trafelato mentre si stava trattando una proposta di tregua da parte austriaca il lunedì 20 al palazzo della Ragione fece saltare i nervi a Carlo Cattaneo: in due giorni il «Ghe pensi mi» liberò Milano e addio armistizio!

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