Cronaca locale

«Il fuoco sotto la neve»: Cederna racconta il Tibet

Il libro di un monaco imprigionato e torturato per anni dai cinesi diventa la storia di un intero popolo

«Il fuoco sotto la neve»: Cederna racconta il Tibet

Matteo Failla

Prosegue negli spazi dell’ex Ospedale “Paolo Pini“ la rassegna teatrale Da vicino nessuno è normale - organizzata dall’Associazione Olinda con il contributo del Settore Giovani del Comune di Milano – che questa sera ospiterà Il fuoco sotto la neve – Omaggio al Tibet, lo spettacolo di Giuseppe Cederna che ne è anche interprete con Ruggero Cara, Doris von Thury, Federico Fazzioli, Gabriele Foschi e le musiche live di Alberto Capelli.
Il titolo è preso in prestito dal libro sulla prigionia del monaco Palden Gyatso?
«Esattamente, – spiega Cederna – quel libro, diventato famoso in tutto il mondo, è la storia di un monaco tibetano incarcerato e torturato per più di trent’anni; ma nel mio spettacolo la testimonianza di Palden Gyatso sarà affidata ad una sola delle voci narranti, le altre quattro contribuiranno a creare un ampio omaggio al Tibet attraverso i racconti e le emozioni di quei grandi viaggiatori che hanno conosciuto e amato questo luogo “che esiste e non esiste”: Fosco Maraini, Alexandra David Neal, Heinrich Harrer, Nicolas Roerich, Ippolito Desideri, Pietro Verni, Tiziano Terzani, e poi Lama Govinda e Sua Santità il Dalai Lama. In fase di preparazione avevo anche pensato di inserire il mio monologo La febbre, che parla del difficile rapporto con il Sud del mondo, della povertà e del sopruso, ma il contributo apportato dalle letture e dalle testimonianze è divenuto così corposo che ho dovuto cambiare idea rispetto al progetto iniziale: Il fuoco sotto la neve è la storia di cent’anni di Tibet, raccontati da cinque voci appassionanti e poetiche».
Il Tibet è sempre più luogo d’attrazione turistica, ma la situazione è veramente cambiata?
«Non ancora, i visitatori che si recano sulle montagne del Tibet vedono solo una parte della realtà; sono accompagnati da guide cinesi in un viaggio che considero finto. La popolazione tibetana è sotto costante controllo ed evita di parlare con i turisti, e intanto interi villaggi vengono ancora distrutti dal governo cinese. L’opera di mediazione del Dalai Lama è l’unica speranza per quelle popolazioni».
Il tema del “viaggio” pare ormai essere un tassello importante della sua vita.
«È parte essenziale della mia vita. Ho recitato in film che narrano di viaggi e luoghi lontani (Mediterraneo di Salvatores ne è un esempio, ma anche Marrakech Express) ed ho sempre viaggiato molto. Ho conosciuto a fondo l’Africa, l’India, ed ho iniziato a scrivere di queste esperienze anche per il teatro. Nel mio libro Il grande viaggio, diventato anche uno spettacolo, ho narrato storie che parlano dell’India, dell’Himalaya, fino ad arrivare alle sorgenti del Gange. Mentre viaggio sono solito dedicare buona parte del mio tempo alla scrittura, ma non è necessario andare per forza alla ricerca di luoghi lontani: a me basta anche respirare l’aria di montagna (una vera passione per Cederna, ndr).

Alla fine chi compie un viaggio è qualcuno alla ricerca di qualcosa, di valori da trasmettere in eredità ai propri figli: l’importante è arricchirsi attraverso l’ incontro con popoli differenti.
L’essere autore-attore è una sua caratteristica?
«È vero, ma anche il ruolo di “semplice” attore ha fatto parte della mia carriera teatrale: nessuno dei due è semplice».

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