Politica

Genio italico, dalla marea nera al Cile

La nostra tecnologia usata per salvare i minatori intrappolati e le coste minacciate dal petrolio. Nelle crisi, il mondo ci chiama

Genio italico, dalla marea nera al Cile

Domenico Ferrara
Giuseppe Marino

Salvare, recuperare, ricostruire: nessun popolo sa coniugare questi verbi meglio di noi. Sarà che di emergenze in patria ne abbiamo vissute fin troppe. Come si spiega altrimenti che, ogni volta che scoppia una catastrofe in casa d’altri, squilla un telefono in Italia. E noi interveniamo. Da protagonisti. Con competenze umane e tecnologiche.

Basta citare il disastro ambientale causato dall’esplosione della piattaforma petrolifera della Bp. Nella lotta che da circa quattro mesi si combatte nel golfo del Messico contro la marea nera, gli Stati Uniti possono contare su un contributo preziosissimo e tutto tricolore prodotto dall’Agenzia Spaziale Italiana: immagini satellitari di tecnologia unica al mondo riprese in modo costante ogni quattro ore, di giorno e di notte, grazie alle quali è stato possibile mappare con esattezza scientifica l'espandersi del petrolio.
E chi è che sta guidando il piano C di trivellazione in Cile per liberare i 33 lavoratori intrappolati nella miniera di rame? Stefano Massei, 56 anni, ingegnere pisano dell’Enel. Un esperto nel settore dei pozzi geotermici e in perforazioni. Quando si tratta di catastrofi ma anche quando serve un colpo di genio ma i mezzi sono pochi: le nostre aziende brillano pure nelle ristrettezze, quando i settori sono in crisi, se c’è da risparmiare in modo inventivo.

Dove meno te lo aspetti, ecco che incontri prodotti italiani apprezzati in tutto il mondo. I voli low-cost hanno bisogno di risparmiare ancor di più? Ci pensiamo noi. E così, quando proverete il brivido, oltre alla convenienza, di viaggiare in piedi su un volo Ryanair, poggerete la schiena su mini sedili italiani, progettati dalla Aviointeriors Spa: si chiamano Skyryder. Nome anglofono per darci un tono, ma l’idea è tricolore.

E se appoggiate il naso sulle vetrine che proteggono icone dell’arte e della storia mondiali, come il «Codice Leicester» di Leonardo da Vinci alla Chester Beatty Library di Dublino, i manoscritti del Mar Morto a Gerusalemme o i gioielli della regina d’Inghilterra nella torre di Londra tenete presente che quei vetri a prova di tutto sono italiani: li fa la Goppion, leader mondiale nei sistemi di esposizione e conservazione per musei.

E se è vero che abbiamo fabbricato noi le crisi dei rifiuti a Napoli e Palermo, è altretttanto vero che la tecnologia italiana è stata in grado di realizzare Earth, un’attrezzatura prototipo che consentirà il completo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle 811 spedizioni alpinistiche che, dall’inizio del 2000 a oggi, sono transitate sull'Himalaya dal versante nepalese: parliamo di circa 13 tonnellate di rifiuti l’anno. Genio e sregolatezza italiani. A dare una concreta idea dell’eccellenza nostrana che si fa apprezzare all’estero ci ha pensato l’Expo di Shangai dove, a metà luglio si è tenuta la mostra «Italia degli Innovatori»: 256 progetti che rappresentano le punte di diamante del nostro Paese in quanto a innovazione tecnologica. Si va dall’edilizia, alla salute, dalla sicurezza, alla protezione civile.

E l’energia: niente petrolio e nucleare? Stiamo diventando maestri nelle energie rinnovabili con sistemi all’avanguardia, che magari poi in Italia non usiamo. Gli esempi sono tanti. Come la Leitwind, che si occupa di generatori eolici o la Enerpoint che commercializza prodotti per il fotovoltaico: aziende che hanno brillato alla recente manifestazione ZeroEmission Rome. E infine i trasporti. Siamo maestri dei ritardi, ma il Brasile ospiterà il più grande progetto di infrastruttura ferroviaria del mondo, ovvero la linea ad alta velocità tra Rio de Janeiro e San Paolo, 403 chilometri di binari che collegheranno in 85 minuti le due più grandi città del Brasile. Anche qui, un progetto che parla italiano: quello di Arezzo, dove ha sede la Italplan.

E dove si poteva progettare una casa di

legno di 7 piani capace di resistere a una forza d’urto pari a quella che colpì Kobe, in Giappone nel 1995? Naturalmente in Italia, nei laboratori Ivalsa Cnr di San Michele all'Adige. Prima o poi le costruiremo pure da noi.

Commenti