Cronache

Se lo spettatore è trattato come nel lager«Troppo» coinvolgente la regia di Laura Sicignano

Se lo spettatore è trattato come nel lager«Troppo»  coinvolgente la regia di Laura Sicignano

L'argomento è forte, il testo è forte e la violenza è tanta di suo. Perché adoperarla anche con gli spettatori? È così necessario? Lo spettacolo in scena in questi giorni al Teatro Cargo «Tra i vivi non posso più stare» è una vera e propria aggressione al pubblico. Tratto da «L'istruttoria» di Peter Weiss, basato sui verbali del processo di Francoforte del 1965 contro un gruppo di SS e di funzionari del Lager di Auschwitz, si rifà a questo per mettere in luce gli orrori dell'Olocausto. Ma se il testo di Weiss ha la particolarità di non contenere punteggiatura, cosa che talvolta impedisce di comprendere quali siano le domande e quali le risposte, la regia della Sicignano punta ad immaginare un dialogo fra esseri umani.
Gli attori rivestono sia il ruolo di vittime che di carnefici e quando sono carnefici usano il pubblico come comparse per la massa dei deportati. Così dopo aver atteso una buona ventina di minuti fuori dalla sale quando finalmente è dato il cenno di inizio, senza che nessuno se lo aspetti ecco che arrivano 4 capò che ti strattonano e ti mettono un numero sul petto.
In fila ci trasportano in un locale al buio dove a terra ci sono casse e vecchi materassi buttati. Lì ti devi sedere e dentro una scomodità non prevista si comincia ad ascoltare quanto raccontano gli attori. Interessante e coinvolgente senza dubbio, ma su una poltrona della platea si sarebbe apprezzato meglio.
Le «macchine» prendono vita attraverso gli altoparlanti sono l'unica fonte sonora dello spettacolo che non ha musicisti dal vivo. Il lavoro musicale fornito dagli allievi del Conservatorio Paganini è la vera chicca dello spettacolo.
L'irrompere delle musiche svolge diverse funzioni: l'evocazione temporale con il jazz, musica considerata dai nazisti «degenerata», la suggestione spaziale attraverso il coro, i riferimenti storici con la vocalità ebraica e il puro logos attraverso la musica elettronica.


Lo spettacolo così configurato è senza dubbio più adatto al pubblico del matinée fatto di «gagliardi» studenti piuttosto che per il pubblico serale.

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