Cronaca locale

La giapponese che insegna a conoscersi

«Milano è molto cambiata in questi trent’anni. Quando mangiavo il sushi mi guardavano come una barbara»

«Per noi giapponesi il capodanno è una festività molto sentita. I preparativi iniziano già in dicembre con le pulizie di casa. Questo mese si chiama «shiwasu», che tradotto vuol dire «Anche i maestri corrono». In questo periodo è bene terminare le attività in corso, concludere gli affari e pagare i debiti. La sera del 31 dicembre si svolge in silenzio con una cena a base di «soba», che significa «lunga vita». Prima della mezzanotte dai templi risuonano i 108 rintocchi della campana che rappresentano gli attaccamenti accumulati durante l'anno. Con l'ultimo rintocco il male si dissolve e ci si appresta a una nuova vita con più serenità. L'1, il 2 e il 3 gennaio non si lavora».
La dottoressa Keiko Ando Mei è una raffinata signora nata a Chiba (Giappone) da un'antica e nobile famiglia di origini samurai. Dopo la laurea in farmacologia a Tokyo e un breve soggiorno in Usa, a Roma ha conosciuto il futuro marito, Massimo Mei, consulente legale nonché studioso della cultura giapponese. I due si sono sposati, trasferiti a Milano e messo al mondo Minazuki (Bella Luna) oggi di 29 anni e Andrea di 21. Nel 1975 hanno fondato il Centro incontri culturali Oriente e Occidente. Sorridente e calma nonostante i mille impegni, Keiko insegna, tiene conferenze, progetta e realizza giardini giapponesi, architetture d'interni e ambientazioni di spazi per manifestazioni.
Perché avete scelto Milano?
«Ci sembrava più raccolta rispetto a Roma. Inoltre la comunità giapponese era più numerosa rispetto alla capitale. Oggi i giapponesi in città sono circa tremila, meno rispetto al passato. Ma sono numerosi gli studenti non registrati all'anagrafe che vengono qui per studiare moda, design, musica e cucina italiana, popolarissima in Giappone. Milano è molto cambiata rispetto a 30 anni fa. Quando mangiavo il sushi mi guardavano come se fossi una barbara. Pensare che oggi il pesce crudo è così di moda. Bisogna però diffidare dai ristoranti non autenticamente giapponesi e verificare che rispettino le norme igieniche».
Lei insegna l'Ikebana Therapy. In cosa consiste?
«Ikebana significa "Via dei fiori" e rappresenta la bellezza percepita dai legami tra uomo e natura. Nella storia del Buddhismo l'offerta di fiori sugli altari ha unito il momento religioso al gusto aristocratico per la decorazione floreale raggiungendo una forma raffinata che si è evoluta nell'Ikebana».
È un modo per conoscere se stessi…
«Ogni uomo ha in sé tutte le risorse per affrontare la vita e realizzarsi: la forza, la purezza, la verità, la sincerità, l'amore universale, la misericordia, valori che, oltre alle doti individuali, dobbiamo coltivare ed esprimere. La pratica dell'Ikebana Therapy può essere un mezzo per questa realizzazione».
Come ha imparato quest'arte?
«Fin da piccola ho seguito gli indirizzi delle antiche scuole Koryu e Ikenobo. In seguito ho ricevuto il diploma del più alto grado di Maestra-Insegnante. Ho studiato anche l'arte della calligrafia, la cerimonia del tè e praticato lo Zen sotto gli insegnamenti dal celebre monaco Hirai Genkyo del tempio Zenshoan di Tokyo».
Cosa suggerisce ai milanesi per l'anno nuovo?
«Ai miei allievi suggerisco di prendere un diario e scrivere ogni giorno i propri pensieri. È un metodo semplice, non costa e serve per maturare la consapevolezza.

Funziona, ve lo assicuro!».

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