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Grillo presenta il Parlamento elettronico. Ma è una "supercazzola"

Il M5S presenta il Parlamento elettronico: ecco la presentazione. Abbiamo chiesto a esperti pregi e difetti della piattaforma. E vi spieghiamo perché non funziona

Grillo presenta il Parlamento elettronico. Ma è una "supercazzola"

Beppe Grillo lo promette da tempo, senza che la proposta diventi realtà (non per tutti i cittadini, insomma). Ma ora sembra che il M5S abbia finalmente messo a punto un sistema che permette (o dovrebbe permettere) la partecipazione diretta dei cittadini nel processo politico.

Si tratta del progetto di Parlamento elettronico che sarà presentato oggi alle 18 a Roma e che si prefigge come obiettivo quello di "elaborare un organo democratico deliberativo digitale che dia la possibilità a tutti i cittadini di partecipare attivamente nel processo legislativo" (leggi e scarica qui la presentazione). Un portale, insomma, che permetterà a tutti di dire la propria sulle tematiche del momento o di avanzare proposte di legge e che per il momento funzionerà per la Regione Lazio. Nulla di nuovo nel panorama europeo e internazionale: la piattaforma si basa sull'ormai arcinoto "Liquid Feedback" ed è sviluppata in collaborazione con l'Università di Bologna e con il Parlamento europeo.

"Per la prima volta in Europa una piattaforma di questo tipo è applicata su ampia scala, aprendo innovativi scenari per tutta la politica italiana e per l'avvio della democrazia diretta nel nostro paese. Il futuro è arrivato, venite a conoscerlo il 10 luglio alla Città dell'Altra Economia", annunciano entusiasti i grillini sul sito del gruppo laziale. Ma già leggendo meglio si scopre qualche magagna: altro che per "tutti i cittadini". Il progetto coinvolgerà (almeno all'inizio) solo "gli attivisti certificati della regione Lazio".

Un primo - piccolo - passo verso quella che viene chiamata e-democracy e che sembra ormai l'obiettivo di più parti politiche? In parte, anche se c'è chi come Stefano Quintarelli, pur sostenendo che i grillini hanno fatto un buon lavoro, spegne gli entusiasmi in particolare sulla piattaforma usata: "Credo che Liquid Feedback non sia adatto perché, un po' come accade per tutti i software, la ricerca è andata avanti", dice l'imprenditore (uno dei pionieri del web in Italia) e deputato di Scelta civica, "E poi e-democracy vuol dire tanto e non vuol dire niente: non tutte le votazioni sono uguali, quindi non c'è uno strumento che va bene per tutto. Penso che siamo comunque all'inizio di un percorso". "L'e-democracy non si riduce a questo", aggiunge Stefano Zanero, ricercatore del Politecnico di Milano e esperto di sicurezza. "Questa è una piattaforma per elaborare progetti di legge, non una rivoluzione epocale".

Ma innanzitutto c'è un altro problema: quello del "divario culturale tra chi sa usare gli strumenti e chi no", come spiega Quintarelli. Per aggirarlo il M5S ha pensato a installare il software in Infopoint raggiungibili dai cittadini, ma sicuro che basti? "Aumentando lo sforzo necessario per la partecipazione, questa diminuisce" dice Piero Tagliapietra, esperto di comunicazione digitale e sicurezza nei social media, "Se per votare devo uscire di casa, andare all'infopoint, magari anche aspettare il mio turno per dire la mia...".

"Esistono già delle Nazioni dove si fanno già delle votazioni anche online", ricorda poi Zanero, "Ma vanno risolte le problematiche del voto a distanza, come quella della possibilità di delegare. Per esempio, in Estonia l'elettore può, se vuole, recarsi comunque al seggio per cancellare in modo anonimo il voto espresso da casa nella settimana precedente". Un metodo che, tra l'altro, si applica alle votazioni parlamentari, non alle proposte di legge. "E questo introduce un'altra problematica: quella della competenza dei cittadini, di cui soffre qualsiasi votazione diretta a partire dal referendum", aggiunge Zanero, "E con il voto elettronico si pone anche il problema della dittatura della maggioranza: come succede nel m5s in cui 37mila votanti contano per i 7 milioni che hanno votato la lista". In Liquid Feedback sono previste alcune forme di deleghe, come ricorda Tagliapietra che aggiunge: "Bisogna vedere come saranno applicate".

E poi c'è il tema della sicurezza. Il fatto che si basi su una piattaforma già esistente dà qualche garanzia in più secondo Matteo Flora, esperto di reputazione e sicurezza online: "Se fai le parlamentarie e ti bucano, fai le referendarie e ti bucano, hai un sito del tuo guru e viene bucato, hai le mail dei tuoi collaboratori e vengono bucate, a un reparto tecnico come quello che sembrano avere non darei in mano il sistema di e-democracy italiano". La piattaforma, insomma è un "patchwork" di software già esistente e open source, già utilizzato in diversi Paesi. "Il sistema è di per sè valido. Bisogna capire se continua ad essere valido dopo le modifiche che hanno apportato", sentenzia Flora secondo cui si potrà valutare il lavoro solo quando si potrà testare.

Di certo, gli esperti da noi interpellati concordano su una cosa: sulla presentazione ci sono tante parole e poca sostanza. "Il documento che hanno presentato è estremamente scenico, riporta funzioni e pezzi di altri software che sembrano un po' incollati tra loro giusto per impressionare perché hanno poca o nessuna attinenza con il progetto generale", sostiene Flora. E sulla slide numero 15, quella sulla sicurezza, le opinioni sono ancora più tranchant: "Per dirla con termini di Beppe Grillo possiamo considerarla letteralmente una supercazzola, un'accozzaglia di termini che non c'entrano nulla gli uni con gli altri", dice Zanero. "A mio modesto parere, non hanno la benché minima idea del significato dei termini che hanno usato, perché sono applicati fuori dal contesto", aggiunge Flora, che ha analizzato anche il codice su cui si basa il Parlamento elettronico a Cinque stelle: "Non ho visto modifiche strutturali, ma moltissime e pesanti modifiche cosmetiche", sostiene il fondatore di The Fool, "Però fino a che non si possono fare test non si può sapere qual è il livello di sicurezza generale".

Del resto se la democrazia digitale non viena attuata nei paesi più tecnologicamente avanzati al mondo è perché è troppo facile da manipolare. "Il vero problema è il computer dell'utente sul quale non puoi esercitare quasi nessun controllo", aggiunge Tagliapietra, "È la parte più vulnerabile del sistema: basta anche solo impedire di votare, magari con un malware ad hoc che impedisce di votare. Magari la piattaforma si accorge dell'alterazione e non registra il voto, ma questo sarebbe comunque un'inibizione nella libertà dell'elettore".

E come se non bastasse c'è anche un problema di privacy non di poco conto: "Con questa piattaforma poi viene meno la segretezza del voto, del pensiero: per garantire una sicurezza che non c'è si è deciso di rendere il sistema trasparente rinunciando alla riservatezza". Insomma, tutti sanno cosa si pensa su un determinato tema.

E questo non sempre è possibile, senza sfociare in un maggior controllo.

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