Guerra

Iran, Guatemala e Balcani: le ombre dietro gli interventi Nato

Il docente svizzero Daniele Ganser ha pubblicato il saggio "Le guerre illegali della Nato", edito in Italia da Fazi, nel quale ripercorre le violazioni del diritto internazionali da parte dell'Occidente

Iran, Guatemala e Balcani: le ombre dietro gli interventi Nato

Daniele Ganser è uno storico e scrittore svizzero decisamente controcorrente. Specializzato in storia contemporanea e politica internazionale, docente presso l’Università di San Gallo, è fondatore e direttore dell’Istituto Svizzero per la Ricerca sulla Pace e l’Energia (SIPER), con sede a Basilea. Nel 2021 ha pubblicato un saggio che ha fatto molto discutere - Breve storia dell’impero americano. Una potenza senza scrupoli (Fazi Editore) - prima di tornare in libreria, lo scorso dicembre, con Le guerre illegali della Nato (Fazi Editore).

Nella prefazione, Carlo Rovelli osserva che Ganser racconta nei dettagli "un fatto semplice", ma importante "per tutti noi: l'umanità ha fatto uno sforzo per fondare una legalità internazionale che riduca la catastrofe delle guerre", e chi maggiormente ha calpestato questa legalità internazionale "è l'Occidente, dominato dagli Stati Uniti, che si è arrogato e si arroga oggi con la forza il diritto all'illegalità e all'impunità".

"Bush e Blair criminali di guerra"

Si può essere più o meno d'accordo con il marcato "antioccidentalismo" del ricercatore svizzero e con la sua tesi che imputa all'occidente stesso le maggiori responsabilità dell'attuale disordine internazionale che stiamo vivendo a causa di una serie di conflitti condotti, sempre secondo l'autore, in maniera "illegale" e contro il dirito internazionale: tuttavia non si può non riconoscere, nel leggere questo saggio, la precisione e la puntigliosità con la quale Ganser mette in fila, con un tono da studioso pacato e mai sopra le righe, le sue accuse e le sue tesi. Discutibili ma non prive di fondamento.

Dopo aver ricordato il funzionamento di organizzazioni internazionali quali l'Onu e la Corte penale internazionale, Ganser lancia una durissima accusa nei confronti di due leader occidentali, accusandoli di essere due "criminali di guerra": parliamo dell'ex presidente Usa George W. Bush e di Tony Blair. Scrive Ganser: "In un mondo onesto e giusto, per l’attacco illegale all’Iraq nel 2003 la CPI dovrebbe incriminare come responsabili George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Colin Powell e Tony Blair, accusandoli del crimine di aggressione. Ma la CPI non osa rivolgersi contro i paesi della Nato, perché sono troppo potenti".

Eppure, osserva, "la CPI persegue aggressioni, genocidi, crimini di guerra e contro l’umanità, quando sono commessi da governanti africani meno potenti: finora ha condotto indagini ufficiali in otto Stati. Quattro avevano invocato il suo intervento (Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Repubblica Centrafricana, Mali), in due casi (Sudan e Libia) è stata sollecitata da una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, mentre in altri due (Kenya e Costa d’Avorio) è stata lei stessa a promuovere un’indagine preliminare". Perché Bush e Blair non sono stati processati, si chiede l'autore?

Il colpo di stato in Iran (1953)

Il primo case study esaminato da Ganser è quello relativo al "colpo di Stato illegale del 1953, ordito dalla CIA americana e dall’MI6 (Military Intelligence Section 6, l’agenzia di spionaggio per l’estero del Regno Unito)" ai danni dell'Iran e che l'Onu non riuscì a scongiurare. In effetti, quell'azione messa in atto da Usa-Regno Unito contribuì ad alimentare il risentimento che condusse l'allora Persia verso la "Rivoluzione islamica" del 1979: colpo di Stato che viene ancora oggi usato dal regime degli Ayatollah per ricordare alla popolazione iraniana di cosa furono capaci di fare gli occidentali pur di rovesciare un governo legittimo ma a loro "ostile" come quello di Mossadeq. "Negli Stati Uniti e in Europa - racconta Ganser -non si sapeva praticamente niente sul ruolo centrale svolto dalla CIA e dall’MI6 nel colpo di Stato in Iran. Nel 1953, i notiziari radiotelevisivi riportarono soltanto che in Iran c’erano stati dei disordini, a seguito dei quali era caduto il governo, mentre chi, dietro le quinte, teneva le fila del gioco era rimasto invisibile ai più. Solamente a Langley, nel quartier generale della CIA, si sapeva com’erano andate veramente le cose e ci si rallegrava del colpo di Stato".

Dal Guatemala ai Balcani

Dalle operazioni in Guatemala e in Egitto negli anni '50, Ganser esamina inoltre le responsabilità dell'occidente a guida Nato nella guerra dei Balcani, negli anni '90. L’attacco alla Serbia del 1999, osserva, "fu il secondo intervento out of area della Nato dopo i bombardamenti effettuati in Bosnia nel 1995, per cui nella guerra del Kosovo essa si trasformò da alleanza a scopi difensivi ad alleanza con scopi offensivi". L’immagine stereotipata propagandata dalla Nato dei "serbi cristiani cattivi", in contrapposizione ai "poveri musulmani buoni", afferma il ricercatore svizzero, "fu accolta a occhi chiusi dai mezzi di comunicazione, i quali ripresero senza problemi anche l’uso di espressioni come 'danni collaterali', con cui la Nato intendeva persone uccise non intenzionalmente, mentre nel diritto internazionale si riferisce unicamente a cose e non anche a esseri umani.

A tal proposito, Daniele Ganser sottolinea come il bombardamento messo in atto dalla Nato "andò avanti per settantotto giorni, persino di notte, e furono colpiti anche obiettivi civili, tra i quali condutture idriche, ponti, chiuse, centrali elettriche, stazioni, scuole e ospedali. Si stima che il totale delle vittime sia stato di circa 3500 persone". Nel Kosovo, ricorda, la Nato adoperò sia bombe a grappolo, sia i famigerati proiettili a uranio impoverito, che possono causare tumori: dopo la guerra, infatti, la Serbia, in base alle proprie rilevazioni lamentò 10.000 morti di cancro44. Quando la Cina chiese fermamente al Consiglio di sicurezza dell’Onu di porre fine alla pioggia di bombe, i cinesi stessi finirono letteralmente sotto tiro. "Il 7 maggio 1999 la Nato centrò l’ambasciata cinese a Belgrado, causando la morte di 3 cinesi e il ferimento di altri 21".

Molti giustificarono - e giustificano ancora oggi - l'intervento Nato contro l'allora presidente serbo Slobodan Milosevic per via della brutalità di quest'ultimo e delle sue azioni. Ma come ricorda l'autore, i fondatori dell’Onu del 1945 erano stati tutti d’accordo nel "ritenere l’attacco a uno Stato sovrano il peggiore dei crimini di guerra", cosa di cui "anche l’Alleanza Atlantica si è resa colpevole con la guerra del Kosovo del 1999". La sua gravità non può essere sminuita dal fatto di aver rovesciato un 'leader malvagio', dato che nello Statuto delle Nazioni Unite "nonè presente alcun criterio che definisca tale concetto". In buona sostanza, nel diritto internazionale non esiste il diritto ad esportare la democrazia con le bombe o a rovesciare leader che si ritengono malvagi.

La guerra in Ucraina e il ruolo dei media

L'autore dedica ampio spazio del suo saggio alla guerra in Afghanistan e, naturalmente, al conflitto in Ucraina. A proposito di quest'ultima, Ganser sottolinea come nel conflitto per l’Ucraina "né gli Usa né la Russia si sono attenuti al diritto internazionale". Dapprima "lo hanno infranto gli Stati Uniti, col golpe del 20 febbraio 2014", poi "è stata la volta della Russia, che il 23 febbraio 2014 ha occupato la Crimea, rafforzando la presenza delle truppe russe sul posto e dislocandole nei punti strategici". Per quanto concerne il "golpe in Ucraina" del 2014, Ganser cita la posizione, autorevole, del docente tedesco di diritto pubblico Karl Albrecht Schachtschneider, il quale ha criticato il golpe in Ucraina come contrario ai principi del diritto internazionale. "L’Occidente ha favorito, se non proprio attuato, il sovvertimento in Ucraina", è la sua teoria. "Sono state inferte ferite profonde alla sovranità interna ed esterna del paese. È evidente che il “Maidan” non è sorto sostanzialmente per l’impulso e sulle forze proprie dei cittadini ucraini", ha riconosciuto Schachtschneider due mesi dopo il colpo di Stato.

Nelle sue conclusioni, Ganser osserva come i mass-media non sia affatto esenti da responsabilità. Secondo l'autore, i mezzi di comunicazione di massa riprendono spesso in maniera acritica le informazioni trasmesse dagli organismi statali. "La quantità di menzogne disseminate nei mass media negli ultimi settant’anni ha facilitato ai politici il compito di ingannare la gente e di far scoppiare delle guerre, dall’incidente del 1964 nel golfo del Tonchino nel caso del Vietnam alle armi di distruzione di massa all’origine dell’attacco all’Iraq nel 2003" accusa. Quello di Ganser è il ritratto di un occidente spavaldo, che ha costruito delle regole alla base del sistema internazionale che per primo ha deciso di violare per una mera politica di potenza e per soddisfare i propri interessi geopolitici e geostrategici.

Un durissimo atto di accusa, più o meno condivisibile, ma estremamente documentato e pertanto degno di essere letto, discusso ed esaminato.

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