Guerra in Israele

La rabbia e l'orgoglio

Lo Stato d’Israele reagisce al suo 11 Settembre, ma in Italia e in Europa c’è chi sta con i terroristi

Un edificio appena bombardato dall'aviazione israeliana a Gaza.
Un edificio appena bombardato dall'aviazione israeliana a Gaza.

Ascolta ora: "La rabbia e l'orgoglio"

La rabbia e l'orgoglio

00:00 / 00:00
100 %

Rabbia e orgoglio. Israele conta i morti del terrore e sogna che non ce ne saranno mai più. La risposta alla pioggia di missili di Hamas è un punto di non ritorno. È una di quelle cicatrici che segnano la storia, perché questo avamposto dell'Occidente in terre ostili non si è mai percepito così fragile, insicuro, vulnerabile. Non si è sentito così neppure quando era circondato da eserciti che volevano spazzare via questo piccolo Stato dall'orizzonte islamico. Israele da sempre lotta per sopravvivere. Il terrore è arrivato dall'alto, improvviso, per poi scatenarsi a terra, negli angoli delle strade, colpendo alla cieca, con una razzia di ostaggi. Israele non solo non ha saputo difendersi, ma non è stata in grado di immaginare qualcosa del genere. Non è stata solo vittima di un'operazione terroristica su larga scala, ma si è ritrovata messa a nudo. La paura, il terrore, ancora una volta si prende la scena. La guerra chiama guerra. «Nessun terrorista resterà in vita». È una promessa. Lo spirito del tempo si accartoccia su se stesso. Il 7 ottobre 2023 ha lo stesso odore dell'11 settembre 2001. È così. È lo stesso sentimento di Oriana Fallaci. È sempre 11 settembre, con tutto quello che ne segue. Non lo è soltanto per Israele, ma per quel continente frastagliato costruito su una carta di valori in teoria universali che si chiama Occidente.

Hamas, allo stesso modo, ha dentro un mondo. Non è solo Palestina. La regia di Teheran è qualcosa di più di un sospetto e poi c'è l'interesse di chi da tempo gioca per il caos. Il disordine globale è la prova più evidente che il secolo americano è solo un'illusione. I rapporti geopolitici, come pretendono Pechino e Mosca, vanno ridiscussi. Sul tavolo non c'è solo il risiko del mondo. C'è quel sistema di valori che una grossa fetta del mondo non considera universali. Non li riconosce. Li considera una grande bugia. Se ne può discutere in eterno, ma la cosa certa è che la guerra del caos non è una preoccupazione degli altri. È un destino che ti rincorre casa per casa e tocca l'Europa e l'Italia. Non si può sfuggire. Non basta fare finta di nulla. Non sono cose dell'altro mondo. Solo che qui non c'è né rabbia né orgoglio. C'è solo la paura e il lavoro sporco o inconsapevole delle quinte colonne. Non sono i fuochi di artificio in Iran che fanno male, ma l'odio sotto casa contro Israele, contro l'Occidente.

È l'odio di chi non perde mai tempo a spendere una parola buona per il terrore.

Commenti