Cronaca locale

Guida ubriaco, scusa del colluttorio non regge

Il giudice respinge il ricorso di un ventiquattrenne responsabile di un incidente e lo condanna a pagare 11mila euro di multa. Ma a marzo un rugbista astemio era stato assolto.

La scusa del colluttorio stavolta non ha retto davanti al giudice e un ventiquattrenne risultato positivo al test alcolemico dopo un incidente stradale, mentre rientrava da una festa di paese, è stato condannato a pagare 11mila euro di ammenda per guida in stato di ebbrezza, sospendendogli la patente per due anni. Nonostante il legale del ragazzo avesse presentato nel processo anche un certificato medico del dentista.
"La dichiarazione resa dall'imputato in sede di giudizio non appare francamente credibile", scrive il gup di Milano, Enrico Manzi nelle motivazioni della sentenza. Perché l'alcol contenuto in quantità minima nel colluttorio «avrebbe lasciato tale sostanza nella bocca dell'imputato per pochissimi secondi» e che l'Alcoltest "è congegnato appositamente per misurare il tasso di alcol nel sangue e per escludere dal calcolo tutte le varie sostanze presenti nel cavo orale". "Appare davvero insolito - spiega il gup - che dopo aver partecipato alla festa del paese" il ragazzo "abbia effettuato gli sciacqui prescritti" dal suo medico "in un bar, utilizzando il colluttorio che si era portato da casa". E per il giudice è anche "improbabile" che il giovane "portasse con sè (in modo un po' goffo per un ragazzo della sua età) il colluttorio che gli era stato prescritto". Il giovane era stato fermato ad Inzago (Milano) il 12 ottobre del 2009 con un tasso di alcol nel sangue di 1,5 (il limite è 0,5). Lui stesso aveva ammesso di aver bevuto vino alla festa paesana, ma aveva anche aggiunto che "in previsione di un intervento chirurgico" gli "era stato prescritto di procedere a sciacqui orali con colluttorio contenente alcol". Tuttavia, secondo il gup, "la dichiarazione del medico" non "è idonea" come prova.
Lo scorso marzo, però, un rugbista professionista astemio era stato assolto dalla stessa accusa dopo aver prodotto una consulenza della dottoressa Marina C.

Caligara della sezione di tossicologia forense dell'Università degli studi secondo la quale lo stesso identico colluttorio protagonista di entrambe le cause, composto al 21,6 per cento da alcol etilico, può «falsare la misura etilometrica per la presenza di residui nel cavo orale» nonostante il suo uso sia «topico» e l'assorbimento attraverso la mucosa sia «irrilevante e inidoneo a determinare valori alcolemici significativi».

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