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I finiani ricattano il Cav "Si dimetta e noi votiamo un lodo blocca processi"

Ancora una volta i processi a carico del premier vengono usati come spada di Damocle sul governo. I futuristi: "Se il premier fa un passo indietro, faremo una leggeper sospendere i processi". Il Pdl: "Ci sono strane coincidenze tra politici e magistratura"

I finiani ricattano il Cav 
"Si dimetta e noi votiamo 
un lodo blocca processi"

Roma - I termini del ricatto sono semplici: se Silvio Berlusconi lascia la presidenza del Consiglio, i futuristi sono disposti a votare un salvacondotto per fermare tutti i processi a carico del premier. La proposta di Carmelo Briguglio arriva a poche ore dallo sfogo del Cavaliere sull'uso politico della giustizia e sul patto tra Gianfranco Fini e la magistratura e segna l'ennesimo tentativo dell'opposizione di formare "un governo di interesse nazionale che parta da Pdl e Lega e coinvolga tutte le forze parlamentari". Un governo però che non sia giudato da Berlusconi, questa è la conditio sine qua non del Fli.

I processi usati come spada di Damocle per non far governare Berlusconi, il patto tra il leader del Fli e i magistrati, i sindacati che fanno politica nelle aule di tribunale. E' una denuncia che il Cavaliere ha fatto più volte. Alla ripresa del processo Mediatrade, qualche giorno fa, il capo del governo aveva spiegato che i processi nei suoi confronti servono solo per "continuare a mantenere sotto una spada di Damocle giudiziaria e mediatica il nemico ideologico e politico che è l'ostacolo che impedisce alla sinistra di raggiungere il potere". Il premier è convinto che "c'è ancora chi usa il codice penale come uno strumento di lotta ideologica e pensa che la parte politicizzata della magistratura possa usare qualsiasi mezzo per annientare l'avversario che è vittorioso alle elezioni e che è forte nel consenso popolare".

Attualmente i magistrati tengono in scacco il Cavaliere con quattro processi: Mediaset, Mediatrade, Mills e Rubygate. Ma il premier - lo ha ripetuto anche ieri - non ha intenzione di fermarsi e vuole portare a termine la riforma della giustizia. Riforma che, fino all'anno scorso, era osteggiata proprio dal "coaffondatore del Pdl". "Finalmente dopo un anno di critiche Fini se ne è andato", ha esultato Berlusconi spiegando che finchè c’è stato lui non è stato possibile fare la riforma della giustizia. Il motivo? "C'è un patto tra Fini e i magistrati che gli garantivano protezione, mentre lui garantiva a loro che non sarebbe mai passata dalla Camera una riforma della giustizia sgradita ai magistrati e che solo quando Berlusconi non ci fosse stato più lui avrebbe discusso con i giudici una riforma della giustizia".

Alle accuse del premier replica Briguglio uscendo allo scoperto e rilanciando l'ipotesi di formare un governo di interesse nazionale senza Berlusconi e "affidato o a una figura super partes modello Draghi o a un Tremonti che parli solo europeo e non padano". Do ut des. In cambio cosa sarebbero disposti a dare i finiani? "Se il premier fa un passo indietro il governo di interesse nazionale si deve assumere la responsabilità di una legge costituzionale che vari una sospensione dei processi fino alla fine della legislatura - propone Briguglio in un'intervista al Riformista - una sorta di variante del Lodo Alfano che favorisca una tregua nel paese e consenta di aprire la strada a un dopo Berlusconi".

Sebbene Briguglio neghi l'esistenza di un patto tra i magistrati e il leader del Fli, sono molti nel Pdl a parlare di "strane coincidenze tra alcune posizioni politiche e alcune correnti della magistratura".

Coincidenze che sembra difficile valutare come fattori casuali.

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