Cronaca locale

I ritratti senza tempo di Vincent Peters lo "scultore" della luce

A Palazzo Reale l'omaggio al fotografo che ha immortalato i divi dello star system. Scatti in bianco e nero che si ispirano ai film hollywoodiani anni '60

I ritratti senza tempo di Vincent Peters lo "scultore" della luce

Aspettando la fashion week. Dopo la mostra dedicata a Richard Avedon, tuttora in corso, Palazzo Reale apre le porte a un altro, forse meno celebre, fotografo internazionale, il tedesco Vincent Peters. Anche lui barocco ritrattista di celebrities, anche lui sapiente maestro del bianco e nero, anche lui guru dell'immagine di moda. «Timeless time», tempo senza tempo, titolo della mostra tratto da un brano del chitarrista dei Fleetwood Mac Peter Green, è un progetto curato non a caso da Alessia Glaviano, curatrice di Global PhotoVogue. La componente estetica e sensuale è quella che domina i grandi ritratti che accolgono il visitatore, corpi quasi sempre senza veli che la luce scolpisce nella loro bellezza olimpica.

In mostra c'è il lato intimo ma anche vagamente metafisico di personaggi soprattutto femminili che popolano il nostro immaginario hollywoodiano: da Monica Bellucci a Penelope Cruz, e poi tanti altri divi dello star system, come Christian Bale, Kim Basinger, Vincent Cassel, Laetitia Casta, Cindy Crawford, Cameron Diaz, Matt Dillon, Michael Fassbender, Scarlett Johansson, Milla Jovovich, John Malkovich, Charlize Theron, Emma Watson. In mostra una rassegna di scatti di sovrumane bellezze ritratte da Peters nel periodo tra il 2001 e il 2021.

Non è un caso che il fotografo prediliga la classica fotografia in bianco e nero rigorosamente analogica - enfatizzando i contrasti e la composizione accuratamente bilanciata, in un intreccio tra subconscio e conscio. Un'opportunità, dice lo stesso fotografo, per trasmettere un contatto umano che ci permette di vedere se stessi e l'un l'altro. «Per certi versi - dice Peters - la fotografia mostra tratti della psicoanalisi. Ogni volta che vedo una foto che ho scattato, vedo anche me stesso e le scelte che ho fatto nel creare quella particolare immagine. Con l'aiuto della fotocamera, il subconscio si avvicina di un passo al conscio, e questo vale anche per lo spettatore».

Un pizzico di psicoanalisi, ma anche di cinema nella poetica di Peters, che nei suoi scatti gioca sul rapporto tra luce e assenza di luce, evocando un canone di bellezza che si ispira dichiaratamente alla ritrattistica dei romantic movies hollywoodiani degli anni '50 e '60. I film di quell'epoca stabilirono gli standard estetici di come le icone sono rappresentate, canoni che restano attuali ancora oggi. Peters racconta di aver scoperto quei film da bambino grazie a suo padre, amante dei cult movies hollywoodiani e della nouvelle vague francese. Fu amore a prima vista, soprattutto riguardo al modo in cui quel cinema era in grado di raccontare storie e stati d'animo attraverso la luce.

Il secondo amore, per il giovane fotografo di Brema fu il fashion: dopo la gavetta a New York poco più che ventenne, iniziò una brillante carriera come fotografo di moda, autore di campagne pubblicitarie internazionali per marchi come Miu Miu, Yves Saint Laurent e Bottega Veneta, a cui si aggiunsero griffes del calibro di Dior, Louis Vuitton, L'Oréal, Lancôme.

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