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Inchiesta G8, Scajola scagionato "Ora stop ai processi mediatici"

Richiesta di rinvio a giudizio per gli imputati nell'inchiesta G8 e Grandi eventi: Balducci, De Santis, Della Giovampaola e Anemone. Il giudice Toro e il figlio chiedono il patteggiamento. Per l'ex capo della Protezione civile i giudici vedono "le utilità ricevute inquadrabili in un ottica di protezione globale". Nessuna accusa che nei confronti di Scajola, che commenta: "Dimostrata la mia totale estraneità alla vicenda"

Inchiesta G8, Scajola scagionato  
"Ora stop ai processi mediatici"

Perugia - Indagini chiuse e richieste di rinvio a giudizio per 19. Richiesta di processo per l’ex provveditore alle opere pubbliche Angelo Balducci, il suo successore Fabio De Santis, il funzionario Mauro Della Giovampaola, l’imprenditore romano Diego Anemone e l’ex capo del dipartimento di protezione civile Guido Bertolaso, nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta della procura di Perugia sul G8 e i Grandi eventi. Sono state separate, invece, le posizioni del procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, del figlio, Camillo e dell’architetto Angelo Zampolini, che hanno chiesto il patteggiamento. Richiesta sulla quale la procura di Perugia ha dato parere positivo. È stato proprio per il coinvolgimento nell’inchiesta del magistrato romano che il fascicolo sul G8 e i Grandi eventi è passato alla procura del capoluogo umbro, competente a indagare sui colleghi romani. Achille Toro e il figlio Camillo hanno chiesto il patteggiamento per il reato di rivelazione di segreto di ufficio, mentre Zampolini per l’accusa di riciclaggio di denaro, destinato all’acquisto di alcune abitazioni. Istanze che ora dovranno essere esaminate dal gip. La richiesta di rinvio a giudizio riguarda anche 11 società. A coordinare le indagini perugine i sostituti procuratori Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi.

Scajola non c'è "Mi sono sempre proclamato totalmente estraneo a questa vicenda. Oggi, la chiusura dell’inchiesta, lo conferma in modo ufficiale e definitivo". Lo afferma l’ex ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, commentando al telefono, la chiusura dell’inchiesta di Perugia sulla presunta "cricca" degli appalti. E con una "lunga e cordiale telefonata" il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha contattato l’ex ministro Scajola per "compiacersi dell’attestazione di estraneità dall’inchiesta sugli appalti per i grandi eventi della procura di Perugia". Nel corso della telefonata- rende noto un comunicato del dicastero di Via Arenula - Alfano ha espresso, nei confronti di Scajola, "la propria stima personale e la propria alta considerazione politica".

L'ex ministro e i processi mediatici Scajola un anno e un giorno dopo le dimissioni dal dicastero dello Sviluppo economico per l’affaire della casa al Colosseo, sceglie un videomessaggio, pubblicato sul suo sito, per dire, a chiusura delle indagini, che è stata dimostrata la sua "estraneità", che la scelta di lasciare il governo non fu un’ammissione di colpa ma di "responsabilità" e che ora intende dare il suo "contributo" per opporsi ai "processi sommari e mediatici". "Un anno fa, proprio ieri, mi sono dimesso da ministro della Repubblica - ha detto - a seguito di una campagna di stampa molto violenta contro di me. Si era fatto passare il messaggio, attraverso virgolettati, che qualcuno nottetempo a mia insaputa avesse pagato parte della mia casa di Roma. L’inchiesta che si è conclusa oggi - ha aggiunto Scajola - dimostra la mia estraneità a questa vicenda. Non solo. La perizia giurata sul valore di quell’immobile dimostra la congruità di quel prezzo. Soltanto oggi leggendo gli atti di questa inchiesta ho potuto verificare che quanto era virgolettato sui giornali, come dichiarazioni contro di me, non corrispondono in nessun modo ai verbali degli interrogatori".

Prove su Bertolaso Emerge la "prova incontrovertibile dell’asservimento della pubblica funzione" di Guido Bertolaso dall’inchiesta della procura di Perugia sugli appalti per i Grandi eventi. Lo sostengono i pm nella loro richiesta di rinvio a giudizio per la presunta "cricca" degli appalti. Secondo gli inquirenti le presunte utilità ricevute dall’ex sottosegretario (accusato di corruzione) e gli atti al centro degli accertamenti "appaiono inquadrabili" anche "in un’ottica di 'protezione globale'". Facendo riferimento alla versione difensiva di Bertolaso, i pm rilevano che "se si può convenire sulla circostanza che questi non abbia approvato almeno formalmente e direttamente atti aggiuntivi, tuttavia la condotta corruttiva emersa nella fase delle indagini si colloca nell’alveo giurisprudenziale che riconosce l’addebito nell’avere accettato promesse e ricevuto utilità in modo unitario, nel senso della riconducibilità delle stesse alla medesima fonte, anche in funzione di una pluralità di atti da compiere, per cui il reato si configura come una condotta pressochè unitaria, pur in presenza di una pluralità di utilità che realizzano solo elargizioni già tacitamente convenute".

Sistematica violazione delle regole Nella richiesta di rinvio a giudizio si parla di "sistematica violazione delle regole che caratterizzava la gestione dei cosiddetti Grandi eventi". I pm ritengono poi che "la scelta della procedura d’urgenza e di una determinata impresa per effetto della ricezione o della promessa di denaro o di altre utilità integra la violazione di doveri d’ufficio, che impongono la disinteressata valutazione della situazione concreta".

I favori a Bertolaso Secondo la versione accusatoria tra i "favori e le utilità di vario genere" che Bertolaso avrebbe ottenuto in cambio della concessione di appalti per il G8 alle ditte dell’imprenditore Anemone, c’è l’appartamento in Via Giulia, a Roma, il cui canone mensile di 1.500 euro "veniva corrisposto da Anemone dal gennaio 2003 all’aprile 2007", 50mila euro in contanti "consegnati brevi manu da Anemone il 23 settembre 2008" e la "disponibilità" al Salaria Sport Village, "di una donna di nome Monica allo scopo di fornire prestazioni di tipo sessuale". Per i pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi, Bertolaso "in qualità di capo dipartimento della Protezione civile" avrebbe compiuto "atti contrari al proprio ufficio connessi all’affidamento e alla gestione degli appalti" favorendo Anemone in particolare in riferimento alle gare relative alla realizzazione a La Maddalena "del palazzo della conferenza e area delegati", quella per la costruzione della "residenza dell’Arsenale" e quella per "l’area di stampa e servizi di supporto". Per l’accusa, quindi, Bertolaso, avrebbe compiuto, da solo o in concorso di volta in volta con altri, "scelte economicamente svantaggiose per la pubblica amministrazione e favorevoli al privato" in cambio di "favori e utilità di vario genere".

L’ex capo della Protezione civile, inoltre, sempre secondo l’accusa, "illegittimamente operava e consentiva, nella sua posizione di vertice, che i funzionari sottoposti operassero affinchè le imprese facenti capo ad Anemone (da sole o in Ati con altre facenti parte del medesimo gruppo) risultassero aggiudicatarie degli appalti e consentiva che il costo dell’appalto a carico della pubblica amministrazione aumentasse considerevolmente rispetto a quello del bando, anche mediante l’approvazione di atti aggiuntivi successivi e a fronte di spese incongrue o meramente eccessive, al solo scopo di favorire stabilmente il privato imprenditore appaltatore, agli interessi del quale poneva stabilmente la propria funzione pubblica recependone continuativamente favori ed utilità di vario genere".

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