Cronaca locale

Gli insegnanti milanesi hanno paura dell’esame

Abituati a mettere voti giornalmente, a ragionare in termini metrici che vanno dal gravemente insufficiente all'ottimo, l’idea di essere loro a dover essere giudicati proprio non la accettano. Tant’è che hanno detto no. Anche i docenti milanesi, ma era già successo due mesi fa a Torino e Napoli, hanno votato contro la sperimentazione sulla meritocrazia introdotta dal ministro Maria Stella Gelmini. Tanto che il ministero è stato costretto a prorogare i termini di adesione al 7 febbraio. Intanto però tutte le scuole che si sono riunite nel collegio docenti a Milano (città scelta insieme a Cagliari per dare il via al progetto «Qualità e merito») hanno dichiarato la propria indisponibilità. In totale si tratta di 36 istituti comprensivi, ma che aumentano di giorno in giorno. Il primo a dire no è stato l'istituto della scuola primaria Bergognone-Foppette, l’ultimo l'istituto professionale Moreschi. In mezzo alla lista anche il liceo classico Manzoni, lo scientifico Bottoni e l'Itis Feltrinelli.
La sperimentazione sul merito prevede che in ogni scuola vengano premiati gli insegnanti più meritevoli con una mensilità in più a fine anno. Un aumento non più solo in base all'anzianità, ma anche in base al merito. I docenti potranno aderire volontariamente e in ogni scuola dovrebbe essere costituito un «nucleo» di valutazione composto dal preside, da due professori eletti dal Collegio dei docenti e dal presidente del Consiglio di istituto (in qualità di osservatore). La valutazione dovrebbe considerare il curriculum vitae, il documento di valutazione redatto dal nucleo di valutazione, il giudizio sui docenti espresso dai genitori e dagli studenti. Questo almeno nei piani del ministero. Ma non così per i docenti che in questi giorni con volantini, assemblee o tramite web hanno imbastito una campagna per boicottare la sperimentazione. Al grido di: «Diciamo No», tutti dai precari ai docenti all'associazione di presidi si sono schierato contro. «Al ministro diciamo che prima di cercare gli insegnanti bravi da premiare occorrerebbe chiedersi come si fa a metterli in condizioni di esprimere la propria bravura - spiega in una lettera Attilio Paparazzo, segretario Cgil scuola di Milano -. Il lavoro della scuola è un lavoro collettivo, collegiale, gli esiti delle «performances» individuali sono in relazione alle condizioni politiche amministrative, socio-economiche familiari, di contesto ambientale (la classe, il quartiere). Con questo sistema invece non si paga il lavoro, ma il gradimento, la piaggeria, la captatio benevolentiae». O, per le voci critiche, «il solito modo per rendere collegiali i meriti, e di altri le colpe».
Ad acuire il malcontento anche un documento firmato dall'Andis di Milano, l’associazione dei dirigenti scolastici che si è detta disponibile alla sperimentazione sul merito, ma non nel modo in cui è formulato il progetto. «Anzitutto diciamo no alla mensilità in più per i docenti giudicati bravi in questa fase di sperimentazione - spiega Loredana Leoni presidente Andis -. Poi è necessario cambiare i criteri della valutazione». Uno su tutti: la possibilità per gli studenti di votare il prof più bravo. Gli studenti no, potrebbero far valere ragioni poco obiettive. La strada che conduce all'introduzione del merito per gli insegnanti è più impervia che mai.

Anche a Milano.

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