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I boss "eretici" contro il Papa

L'arcivescovo di Campobasso è convinto che i detenuti del carcere di Larino, colpiti dalla scomunica del Papa ai mafiosi, interroghino le proprie coscienze. Non sarei così ottimista

L'arcivescovo di Campobasso è convinto che i detenuti del carcere di Larino, colpiti dalla scomunica del Papa ai mafiosi, interroghino le proprie coscienze. Non sarei così ottimista: la loro decisione - non andare a messa - sembra piuttosto una ritorsione.

I mafiosi sono sempre stati, a loro modo, molto religiosi, e passano con disinvoltura dal kalashnikov all'ostia consacrata, alternando omicidi e preghiere. Quando ne viene arrestato uno, anche un capo dei capi, il suo rifugio è sempre pieno di santi, rosari, immagini sacre, e il suo portafogli zeppo di santini.

Si tratta di un fenomeno antico, già studiato ai tempi del brigantaggio postunitario. Quella dei briganti era un'autentica idolatria, fatta di venerazione fanatica di oggetti e immagini, perpetuata dalla ripetizione di riti e pratiche devozionali. In una relazione parlamentare dell'epoca si legge che «recano sotto le vesti amuleti e scapolari in gran copia: in certi dati giorni, senza mai smettere le uccisioni ed i furti, sono capaci per devozione alla Madonna di non mangiar carne. I briganti – ci diceva il prefetto della provincia di Capitanata – sono usi ad ogni stravizio, ad ogni scelleratezza; eppure fanno dire le messe ai preti, ai quali le pagano largamente». Il Vaticano, e molti sacerdoti meridionali, ci mettevano del loro, appoggiando il brigantaggio contro gli odiati «piemontesi». Ma, quando fu chiaro che la guerra era perduta, come era perduto il Regno delle Due Sicilie, smisero di dare rifugio e appoggio ai briganti, molti dei quali persero di colpo la devozione al clero, quindi la pratica della messa.

La fede insomma comportava, e comporta nei mafiosi, non una meditata partecipazione spirituale, ma uno scambio omertoso. Del resto è un atteggiamento che non riguarda soltanto la criminalità, mafiosa o no. È tipico di molti credenti non sentire alcuna incoerenza tra le loro azioni e i precetti evangelici. Fatte le debite proporzioni sulla gravità del peccato, un mafioso che uccide (prima o dopo la messa) ha lo stesso atteggiamento di un fedifrago che va con l'amante, prima o dopo la messa. Entrambi sanno bene che i comandamenti – dieci, e categorici – indicano e pretendono tutt'altri comportamenti, ma intanto si pensa alla vita terrena, per quella celeste c'è sempre tempo. E poi, si sa, Dio perdona, e la Chiesa pure.

Se invece non mi perdoni, o addirittura mi scomunichi («Come ti permetti, Papa, io che ti trovavo così simpatico, e lo dicevo a tutti?»), allora è un'altra faccenda. Parecchi credenti divorziati - ne conosco alcuni - subendo la punizione di non poter ricevere l'eucaristia, non fanno come le regole della fede imporrebbero, cioè andare a messa e soffrire per non poter fare la comunione. No, smettono di andare a messa. Così hanno fatto, creda arcivescovo Bregantini, i detenuti di Larino.

@GBGuerri

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