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Quelle frasi per mandare messaggi al governo

Per molti nel partito la scissione è vicina. Dopo i malumori sui ministri, quelli sulla legge di Stabilità. In serata cena con Alfano

Quelle frasi per mandare messaggi al governo

La misura di quanto convulse siano queste giornate dentro il Pdl la dà il numero esorbitante di versioni – verosimili o del tutto improbabili - che vengono fatte girare ad arte su come siano andati gli incontri che Berlusconi ha avuto nelle ultime 48 ore. A Palazzo Grazioli ormai da giovedì mattina il Cavaliere sta tenendo delle «consultazioni» permanenti per cercare di tirare le somme del lacerante scontro interno al partito. Prima Bondi e Verdini, poi i lealisti guidati da Fitto con Gelmini e Carfagna, a seguire Gianni Letta e Confalonieri e infine, ieri alle 21.30, anche Alfano.
Una vera e propria girandola d'incontri su cui è stato fatto circolare tutto e il contrario di tutto. D'altra parte, le posizioni dentro il Pdl sono lontane come mai era successo. Distanze siderali, politiche ma soprattutto umane. Tanto che, concordano esponenti di primo piano dell'una e dell'altra parte, «le possibilità che si trovi quella sintesi che vorrebbe Berlusconi sono ridotte al lumicino». Tutti, insomma, si rendono conto che al di là delle buone intenzioni («il nostro elettorato ci vuole uniti», ripete Schifani) si è ormai andati oltre e difficilmente sarà possibile una ricomposizione.
L'ex premier, che era stato alla finestra fino a mercoledì preso anche dalle sue vicende legali, continua a predicare l'unità e ad augurarsi che si possa trovare una sintesi. Non nasconde, però, una certa delusione per quanto accaduto con il voto di fiducia. Al di là delle tante e contraddittorie ricostruzioni, la cronaca racconta un Cavaliere piuttosto perplesso dal comportamento dei ministri del Pdl. Non solo durante l'incontro di giovedì con i lealisti, ma pure ieri durante il pranzo con la delegazione di europarlamentari Pdl. Ed è sempre cronaca il fatto che alle agenzie di stampa che danno conto delle critiche di Berlusconi ai cosiddetti governativi non segua smentita.
Al netto delle tante polpette avvelenate in circolazione in queste ore, insomma, la sensazione è che il Cavaliere abbia voluto marcare una presa di distanza dai ministeriali. Che, non a caso, sono in grande agitazione se ieri sera un ministro Pdl dava per inevitabile la «costituzione di gruppi autonomi sia alla Camera sia al Senato». Ed è di questo che si torna a parlare senza troppi giri di parole, perché il timore è che la burrasca possa esplodere a breve.
Un passaggio chiave sarà il voto del Senato sulla decadenza di Berlusconi in programma a fine novembre. Un momento in cui la tensione all'interno del Pdl è destinata a superare il livello di guardia. Ma anche prima potrebbero esserci avvisaglie serie. Sulla legge di Stabilità per esempio, perché il Cavaliere – questo ripete nelle riunioni degli ultimi due giorni – vuole sia «improntata sulla crescita» e pretende che i provvedimenti sulla fiscalità rispettino «gli accordi su cui è nato il governo».
Nessuno ha la palla di vetro. Ma negli ultimi venti anni mai come in questi giorni il partito di Berlusconi è stato spaccato. Peraltro, proprio nei giorni in cui – con l'imminente voto sulla sua decadenza – il Cavaliere è in un momento di debolezza senza precedenti.

Insomma, l'ipotesi ventilata ieri da Cicchitto di una «separazione consensuale in due partiti» (il Pdl più moderato e Forza Italia più movimentista) non è nei desiderata dell'ex premier ma forse è la soluzione più probabile.

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