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Quel miracolo che Monti non farà mai

Se il Prof rinunciasse al Colle e radunasse tutti i moderati forse usciremmo dalla crisi. Ma questo è il mondo dei sogni

Quel miracolo che Monti non farà mai

Anche i giornali risentono della grande confusione politica del momento e forniscono informazioni contraddittorie. Non hanno colpe, a parte quella di non capire ciò che è incomprensibile. Tre sono gli uomini al centro delle chiacchiere: Silvio Berlusconi, ridisceso in campo, ma appena appena; Pier Luigi Bersani, sicuro (mica tanto) di vincere le elezioni; Mario Monti, che è sul punto di uscire da Palazzo Chigi, ma con qualche rimpianto.
L'unica certezza è la mancanza di certezze e ogni commentatore azzarda ipotesi nelle quali crede poco. Il Cavaliere vive alla giornata: un giorno è sul pero e l'altro sul melo. Non sa che frutto cogliere, però sa di essere alla frutta e teme di sbagliare albero. Vorrebbe segare il tronco del Pd, ma non sa come. Avrebbe bisogno di aiuto, preferibilmente quello del premier che, però, offeso dal Pdl in Parlamento per bocca di Angelino Alfano, gli nega collaborazione. Silvio, corteggiatore indefesso, non demorde: prima o poi - pensa - il Professore si renderà conto che gli conviene sposare me.

Monti sarebbe tentato di unirsi in matrimonio con qualcuno dalla ricca dote di voti, però non trova la fidanzata adatta alle proprie esigenze e rispettosa della propria verginità politica ed europea: il centrino di Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Luca Cordero di Montezemolo, pur rinforzato da una truppa di opportunisti desiderosi d'essere invitati a nozze, è troppo magro, non garantisce un'unione di successo alle urne. Rimane Bersani. Questi però ambisce in prima persona a fare il presidente del Consiglio; e avere tra i piedi il bocconiano potrebbe intralciare la sua corsa. Non è disponibile a vivere in coppia con uno che gli fa ombra. Tuttavia, pur di evitare che Monti si metta con altri e gli rubi la ribalta, è pronto - nel caso di vittoria - a spingerlo al Quirinale in sostituzione di Giorgio Napolitano, ormai a fine mandato.
Un posto abbastanza sicuro sul Colle non si butta via ed è molto meglio che capeggiare una coalizione di centristi male assortiti. Ecco perché pensiamo che il premier, pur combattuto, sceglierà probabilmente di starsene tranquillo in un angolo in attesa del risultato elettorale, senza sporcarsi la veste bianca utile per dimostrare agli italiani di meritare la presidenza della Repubblica.

Intanto le manovre nel retrobottega della politica non cessano. I partiti sono talmente impegnati nelle tattiche per la conquista delle poltrone da aver dimenticato i problemi degli italiani e da trascurare i modi per risolverli. Nessuno accenna ai programmi e alle risorse per realizzarli. Bersani e Nichi Vendola non potranno mai accordarsi sul dare seguito alla cosiddetta agenda Monti. Quindi, i centristi montiani, se hanno un minimo di coerenza, non appoggeranno un governo mezzo marxista e mezzo ex marxista che già medita un'altra patrimoniale dopo la maledetta Imu.

Montezemolo anticapitalista, poi, non è credibile neanche in un gioco di società, figuriamoci in una maggioranza priva di denominatore comune. Su Casini non ci sbilanciamo: è capace di tutto, perfino di parlare in ogni telegiornale, dal primo mattino a notte fonda, e di farsi intervistare da qualsiasi quotidiano di carta senza dire nulla, tranne che lui ha dei valori. Quali? Forse immobiliari. E questa gente sarebbe attrezzata per portare il Paese fuori dalla crisi? Oddio, forse sarà in grado di affermarsi alle elezioni sul piano numerico, ma non di sostenere un esecutivo duraturo. Se non è riuscito Monti a fermare l'ascesa mostruosa del debito pubblico, delle tasse e della disoccupazione, e a impedire la discesa del Pil e dei consumi, è ragionevole sperare che ci riesca Bersani? E se hanno fallito i tecnici con la spending review (tagli alla spesa), con le liberalizzazioni e con il rilancio dell'economia, è insensato supporre che un governo prevalentemente rosso - e statalista - non faccia altrettanto o addirittura peggio?

Ciò considerato, solo un miracolo ci salverà. Oppure un atto di coraggio proprio da parte di Monti. Il quale, se rinunciasse davvero al Quirinale e si gettasse nella mischia per radunare sotto lo stesso tetto tutti i potenziali conservatori e liberali, magari ci regalerebbe il prodigio.

Ma siamo nel mondo dei sogni.

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