Politica

Ma che c'azzeccano questi centristi insieme?

Ci stupisce che un senatore a vita, dopo aver sperimentato quanto sia difficile guidare un governo sostenuto da partiti litigiosi, accomunati soltanto dal desiderio di mantenere posizioni di potere e per nulla sensibili agli interessi dei cittadini, muoia dalla voglia di essere fagocitato dal sistema guasto. Quanto alle reclute centriste, stiano attente: ci vuole niente a passare da aspiranti collaboratori a inutili idioti

Ma che c'azzeccano questi centristi insieme?

Qualsiasi cosa succederà da qui al 24 febbraio, giorno delle elezioni per il rinnovo delle Camere, Mario Monti sarà un politico qualunque, uno dei tanti che brigano per rimanere nel cono di luce. Altro che uomo extra partes, altro che tecnico, altro che salvatore della patria, altro che risorsa per il Paese: assomiglia a Clemente Mastella, a Rosy Bindi, a gente sorretta dall'ambizione di esserci a ogni costo.

È legittimo che il Professore non voglia mollare l'osso spolpato: d'altronde, anche a 70 anni si può rimanere infettati dalla politica. Non lo critichiamo per questa debolezza presenile. Ci stupisce semmai che un senatore a vita (per meriti scientifici, suppongo), dopo aver sperimentato quanto sia difficile guidare un governo sostenuto da partiti litigiosi, accomunati soltanto dal desiderio di mantenere posizioni di potere e per nulla sensibili agli interessi dei cittadini, muoia dalla voglia di essere fagocitato dal sistema guasto.

Chissà se è consapevole dei rischi cui va incontro baldanzosamente: avendo escluso ogni accordo col centrodestra, cioè col Pdl, per intenderci, egli a questo punto è il candidato in pectore della sinistra, in aperta concorrenza con Pier Luigi Bersani, segretario del Pd e vincitore delle primarie. Si renderà conto della confusione che sta creando? Temo di no. Può un premier tecnico schierarsi con una parte contro un'altra, dato che entrambe lo hanno appoggiato per un anno intero?

È una scelta stravagante. Tanto più che i suoi sponsor eccitati sono personaggi scarsamente affidabili: Pier Ferdinando Casini, Pietro Ichino, Beppe Pisanu, Mario Mauro, Luca Cordero di Montezemolo, Andrea Olivero, Gianfranco Fini (per citarne alcuni) cos'hanno da spartire tra loro, se non qualche poltrona di risulta? È improbabile che riescano a convivere pacificamente nello stesso club e fornire a Monti una base di lancio di qualche efficacia. Questo gruppo composito comprende ex democristiani, ciellini, ex comunisti, capitalisti irrequieti: è sicuro il bocconiano di andare lontano con una compagnia del genere, accreditata di consensi non superiori al 10 per cento? Strano che non si ponga l'interrogativo.

Ancor più bizzarro è che non abbia spiegato quali siano i cardini del progetto, ammesso ne abbia uno fondato su elementi concreti. Sondaggi generosi riguardanti i cosiddetti montiani si spingono a ipotizzare un 15 per cento. Prendiamoli per buoni. Simile quantità di voti non basta però per tornare a Palazzo Chigi, ovvio; al massimo serve per sedersi al tavolo delle trattative con Bersani, il quale proporrà al club, in cambio di un'alleanza, alcuni ministeri, non certo la presidenza del Consiglio, a meno che non impazzisca entro febbraio.

In sostanza, le iniziative rococò del Professore sembrano ispirate a un eccesso di fiducia nel fato e incoraggiate dalla stampa amica (quasi tutta) più che da una corretta valutazione della realtà: non è sufficiente il fascino del loden a far dimenticare agli elettori il dramma delle tasse, della disoccupazione, del disastro economico associato al riverito nome di Mario Monti.

Quanto alle reclute centriste, stiano attente: ci vuole niente a passare da aspiranti collaboratori a inutili idioti.

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