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Ora è ufficiale: addio al mito degli "arbitri" super partes

Dai magistrati alle authority, l’Italia non è un Paese per uomini super partes, per gli arbitri, per chi ti fa la litania sul ruolo istituzionale, per i padri della patria e le riserve della nazione

Ora è ufficiale: addio al mito degli "arbitri" super partes

Il sospetto è antico, ma adesso non c'è neppure più uno straccio di maschera a nascondere la finzione. L'Italia non è un Paese per uomini super partes, per gli arbitri, per chi con cipiglio alto e nobile ti fa la litania sul ruolo istituzionale, per i padri della patria e le riserve della nazione. Tutte balle. Questa è terra di scacchi e tarocchi, di guelfi e ghibellini, rossi e neri, dove perfino i santi tifano a destra o a sinistra e i sacerdoti, da sempre, nel segretodel confessionale suggeriscono una clientela. Sono bastati pochi giorni di dicembre per dissolvere tutte le chiacchiere sui tecnici in loden. Monti e il suo governo non si sono mai sentiti una parentesi. Sono arrivati per restare, con la benedizione delle cancellerie straniere. Si sapeva. I tecnici non esistono. Sono politici camuffati in ascesa verso una poltrona e come i politici quando si siedono usano il mastice. Solo che a vedere questi ministri con la candidatura sul taschino ti appare tutta la meschinità delle miserie umane. Ma non avevano giurato di sentirsi come una combriccola di Cincinnati, desiderosi di tornare al più presto a casa per arare i campi? Balle.

Pensate ai magistrati. Non si dovrebbe neppure immaginare la tentazione di uno strabismo politico o ideologico. Chi si fiderebbe di giudici di parte? Eppure per troppi di loro la toga è solo un parcheggio. E li vedi e li hai visti sfilare per conquistarsi un titolo da onorevole o senatore, da sindaco o da ministro. Gli ultimi due si chiamano Pietro Grasso, capo della Procura antimafia, e l'ex pm antiterrorismo Stefano D'Ambruoso. Uno con Bersani e l'altro con Montezemolo. E domani magari toccherà a Ingroia, che ancora sta pensando se lo si nota di più se si candida o se non si candida. E nel passato c'è una sfilza di togati con camera riservata a Palazzo. A destra come a sinistra, ma con Di Pietro e De Magistris in prima fila.

Si schierano i tecnici, si schierano giudici e pm, si schiera la Rai che chiama servizio pubblico la quintessenza della partitocrazia. Si schiera Benigni che con quel suo quarto d'ora su Berlusconi prima della lezione sulla Costituzione ha scardinato ogni illusione di par condicio. Perché i minuti in Rai andrebbero pesati e non contati. Si schierano le Authority e le burocrazie. Si schierano i giornali alti, nobili e indipendenti. Si schiera la Chiesa, che sull'Osservatore Romano fa outing per Monti. Qui in Italia di super partes non c'è neppure il cielo. Tanto vale, allora, farla finita con la retorica dello Stato, delle istituzioni, dei padri della patria.

E dei loden e parrucconi vari.

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