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Tutelare la privacy? Solo se è di sinistra

Il caso La Zanzara-Onida suscita l'indignazione dell'Ordine dei giornalisti che finora ha tollerato intercettazioni scandalose

Tutelare la privacy? Solo se è di sinistra

A bocce ferme si ragiona meglio, almeno mi auguro. Nei giorni scorsi, La zanzara, programma serale di Radio24 condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo, manda in onda una telefonata che fa scalpore tra Margherita Hack, nota astrofisica, e Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale. Si dà però il caso che si tratti di una conversazione taroccata. La voce della Hack non è originale, si tratta di un'imitazione. Onida abbocca e parla, convinto di rivolgersi davvero alla scienziata. La quale gli chiede conto di come stiano andando i lavori della commissione di saggi di cui egli fa parte, nominata da Giorgio Napolitano per approfondire non si sa bene quali questioni.
Il costituzionalista, stuzzicato dall'interlocutrice, si lascia andare e ammette: effettivamente è una gran perdita di tempo, non combineremo nulla di utile. Pochi minuti dopo, La zanzara svela il trucco e si scatena un pandemonio. Onida chiede scusa per aver detto ciò che avrebbe dovuto tacere, e aggiunge che divulgare una telefonata privata è comunque scorretto.
Interviene mezzo mondo, piovono i commenti negativi (molti) e positivi (pochi). L'indomani escono articoli su tutti i giornali, infuria la polemica. Della vicenda si occupa addirittura il Corriere della Sera in prima pagina. Qualcuno accusa Cruciani di aver violato le norme deontologiche. Altri invocano provvedimenti drastici dell'Ordine dei giornalisti: i conduttori siano sanzionati. La zanzara è una trasmissione scanzonata, divertente, satirica e di informazione disinvolta? Non importa. Ha osato sfottere un autorevole giurista di sinistra: chi ha sbagliato paghi.
I difensori della libertà di stampa e di satira, gli stessi soloni che in passato erano scesi in piazza per protestare contro il bavaglio minacciato da Silvio Berlusconi, infastidito dalla pubblicazione delle intercettazioni e voglioso di approvare una legge che le vietasse, gli stessi difensori della libertà di stampa e di satira, dicevo, all'improvviso si sono trasformati all'unisono in rigorosi tutori del sacrosanto diritto alla privacy. Una giravolta spettacolare che ci ha lasciati basiti.
In effetti, per anni e anni, sui quotidiani e sui settimanali sono uscite migliaia di pagine che rivelavano il contenuto di chiacchierate d'ogni tipo (penalmente irrilevanti, gossip della più bell'acqua), che hanno ferito la reputazione di tanta gente. Vip e ragazze sconosciute, indifferentemente, hanno protestato invano; nessuno ha mosso un dito per rimediare allo scandalo e, magari, porvi fine. Al contrario, la corporazione dei giornalisti, sostenuta dai politici progressisti, ha inscenato manifestazioni clamorose allo scopo di garantirsi la facoltà di pubblicare qualsiasi intercettazione, compresa quella non contenuta in atti ufficiali.
Inutile precisare che hanno vinto gli scribi. Tant'è che una norma che disciplini la delicata materia ancora non c'è e forse non ci sarà mai. Ma, chissà perché, gli autori dello scherzo che ha ingannato il presidente emerito della Consulta andrebbero, secondo vari nostri colleghi, puniti. Ovviamente, in modo esemplare. Già. Chi tocca la sinistra merita un castigo.
Il fatto che Onida, persuaso di confidarsi con la professoressa Hack, abbia confermato ciò che una moltitudine di persone sospettava, e cioè che la commissione dei saggi fosse e sia un pretesto adottato dal capo dello Stato per perdere tempo in attesa della scadenza del suo mandato (15 aprile), è passato in cavalleria. Il significato politico della burla, per quanto fondamentale allo scopo di capire quale sia l'andazzo nei Palazzi romani, è stato dimenticato, mentre la forma, ovvero il format giocoso inventato da Cruciani, è diventato corpo di reato.
C'è dell'altro. Beppe Grillo, recentemente, ha ribadito che cercherà fra le numerose iniziative che ha in mente, di eliminare l'Ordine dei giornalisti che egli ritiene dannoso. È un'opinione condivisa da parecchi e basata su buone ragioni, non ultima la constatazione che esso esiste solamente in Italia e, pare, in Albania, modello da non imitare. Siamo d'accordo con chi afferma non sia una priorità nazionale sopprimere un ente simile, ma non è una priorità nemmeno la sua conservazione, visto che la Costituzione fissa il principio che chiunque ha il diritto di esprimere - nei limiti della legge - il proprio pensiero, senza vincoli burocratici e corporativi.
La superfluità dell'Ordine si evince anche dalla prassi: la stragrande maggioranza dei redattori ha rapporti di dipendenza con l'editore e non svolge mansioni da libero professionista. Andiamo giù piatti: i giornalisti una volta erano impiegati di lusso, oggi sono soltanto impiegati. Il lusso è svanito. Eppure, non appena Grillo ha manifestato il proposito di depennare la legge istitutiva dell'albo, Cesare Martinetti, vicedirettore della Stampa di Torino, ha vergato un editoriale sull'argomento. La sua tesi è che l'Ordine serva per mantenere alta e migliorare la qualità dell'informazione. In realtà l'unico abilitato a giudicare un articolo è chi lo legge, non un collega - un concorrente - di chi lo ha scritto.

Libero pensiero in libero mercato.

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