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L’Europa boccia la manovra Più ci inchiniamo, più ci bastona

La manovra è da rifare ma anche gli italiani devono rimboccarsi le maniche: l’euro ha distrutto tutto, altro che ripresa

L’Europa boccia la manovra Più ci inchiniamo, più ci bastona

Ben ci sta. La Commissione europea, composta da gente mediocre e priva di legittimità democratica, ha bocciato la manovra del governo rimandandola al mittente con la raccomandazione di spicciarsi a uniformarla alle superiori disposizioni di Bruxelles. Gli è tutto da rifare, carissimi Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni. La vostra sudditanza nei confronti della Ue, le vostre genuflessioni davanti a sua maestà Angela Merkel e ai suoi numerosi cortigiani, il vostro desiderio di piacere a ogni costo ai padroni non sono serviti a niente. Rendetevene conto: più vi inchinate, più vi prostrate e peggio vi trattano. Ovvio. Chi si comporta da servo viene trattato da servo.

Ora il premier e il ministro dell'Economia dovranno correggere la legge di stabilità e renderla ancora più pesante di quanto non sia. I censori continentali dell'Italia affermano che tale legge non ha i requisiti per essere sostenuta finanziariamente. Pertanto ci chiedono di inasprire i prelievi fiscali dalle tasche dei cittadini, quasi non bastassero le tasse pazzesche che li strozzano e che hanno ridotto la (un tempo) quinta potenza industriale del mondo a un Paese marginale e destinato all'irrilevanza internazionale.

Siamo in coma. E l'Europa, anziché darci un po' di ossigeno, mette i piedi sulla cannuccia del respiratore e si diverte ad assistere alla nostra agonia. Come reagisce l'esecutivo delle larghe disattese? Arrossisce, china il capo, batte i tacchi ed esclama: signorsì, provvederemo a massacrare ulteriormente la Patria. Aspettiamoci nuove imposte, altri balzelli che gli aguzzini cui abbiamo (si fa per dire) affidato le leve di comando giustificheranno così: «Dobbiamo sacrificarci, ce lo ordina l'Europa».

E noi zitti, orecchie basse, rassegnati al ruolo di zerbini. Ma fino a quando non ci ribelleremo? Garantito: alle prossime elezioni ci sfogheremo. Daremo il voto al primo partito che, cavalcando l'onda dell'indignazione generale, sarà capace di interpretare efficacemente il sentimento antieuropeo e antieuro.

Un sentimento che monta giorno dopo giorno e che rischia di esplodere in una protesta contagiosa, in grado di trasformarsi addirittura in rabbia collettiva. Chi non lo comprende o è cieco e sordo o vive su Marte. Tra qualche mese la politica dovrà fare i conti con le masse in miseria, esasperate e pronte a scendere in piazza. Non avranno in mano i forconi solo perché non ce ne sono più: ripiegheranno sui bastoni (tuttora in commercio) per accarezzare le spalle degli smidollati camerieri della Ue.

La strada è segnata. Noi la percorreremo per ultimi, ma la percorreremo. Guardate la Francia. Marine Le Pen col suo Fronte nazionale è salita al 24 per cento. Il suo successo dipende dal fatto che madame ha intercettato i malumori dei connazionali ostili all'euro e alla burocrazia di Bruxelles. Fenomeni analoghi si registrano in Austria, in Olanda, in Inghilterra. La Gran Bretagna, sempre lungimirante, non ha aderito alla moneta unica, ma è insofferente alle regole astruse elaborate nei palazzi della capitale belga.

Noi finora, forse per timidezza, forse perché soffriamo di un complesso d'inferiorità, abbiamo sopportato i vincoli soffocanti europei. Ma la pazienza ha un limite. Se Forza Italia rompesse gli indugi e, invece di assecondare i propri capetti timorosi di perdere la stima della sinistra, si lanciasse in una campagna a forte connotazione antieuropea, raccoglierebbe messi di consensi apparecchiandosi a stravincere le venture consultazioni. Altro che Beppe Grillo e il suo esercito di Franceschiello. È un peccato che il centrodestra non intuisca il malessere delle folle stanche di beghe e di dibattiti interminabili in cui il politichese domina sorvolando sulla dura realtà, fitta di problemi, con la quale le famiglie ogni dì sono obbligate a confrontarsi.

È vero che le nostre disgrazie cominciarono anni orsono, ma, se ci fate caso, si sono aggravate in coincidenza con l'entrata in vigore dell'euro. Da quel momento l'Italia ha cessato di andare avanti e ha ingranato la marcia indietro. Effetto di una cattiva congiunzione astrale? Non sappiamo. Però la fotografia della situazione è questa: arriva la moneta unica e se ne va lo sviluppo. La botta finale ce l'ha data il governo di Mario Monti, ciambellano della Ue, delle banche e dei poteri forti. Il quale Monti, sicuramente in buona fede, ha distrutto le imprese, specialmente le medie e le piccole; ha compresso i consumi, impoverito i poveri e salvato i ricchi del Monte dei Paschi di Siena, per tacere di altri istituti di credito, resi asfittici e paralizzati dalle norme idiote di Basilea uno, due e tre, ciapel chel' ghè.

Silurato il Professore, abbiamo scelto una sua pallida controfigura: Letta il giovane, che sulla scia del predecessore ha seguitato a incrementare il bullismo filoeuropeo con i risultati sotto gli occhi di tutti. La crisi si acuisce. Chi parla di ripresa è un visionario, o un pazzo, o un mentitore. Qui piuttosto bisogna uscire dal mucchio selvaggio e rimboccarsi le maniche. Sul serio.

Nel Veneto sono disponibili 120mila posti di lavoro nel settore tecnologico. Nessuno è all'altezza di occuparli.

Mancano gli specialisti del ramo e abbondano i laureati in giurisprudenza e in filosofia. Roba da matti. In Italia ci sono 200mila avvocati a fronte di 67mila detenuti e del più basso tasso di delinquenza del continente. Qualcosa non va anche nel popolo. Che si comporta come se il Paese fosse fermo al 1950.

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