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Elogio della pigrizia: morirò, ma non sudato

Secondo i medici, l'assenza di esercizio fa quasi 2 milioni di vittime l'anno. Un modo per terrorizzarci: ma poco efficace...

Elogio della pigrizia: morirò, ma non sudato

Adesso ci si mettono anche i pediatri a fare del terrorismo. Pensate che, tramite la loro associazione italiana, hanno rilanciato uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità talmente «minaccioso» da provocare una pericolosa accelerazione del battito cardiaco a chi ne legga i risultati. Secondo i ricercatori (che se rimanessero disoccupati potrebbero dedicarsi con successo alla regia di film dell'orrore) «l'assenza di esercizio fisico causa un milione 900mila decessi all'anno nel mondo», senza contare oltre due milioni e mezzo di morti dovuti a sovrappeso e obesità.

D'accordo. La terra è una sfera molto grande per cui questa catasta di salme, se sparpagliata sui vari continenti, potrebbe fare meno impressione. Potrebbe. Ma certi numeri provocano il panico in chi sia ipocondriaco o patofobo, tra i quali ci sono anche io. L'unico modo per non farsi prendere dalla tremarella è quello di non credere a una sola parola degli esperti, categoria parente stretta dei menagramo e dei tecnici, le prodezze dei quali si sono viste quando qualcuno ha deciso di affidare loro il governo dell'Italia.

Transeat. All'Organizzazione mondiale della sanità vorrei chiedere in base a quali elementi si è stabilito che milioni di persone vanno al creatore perché non si affaticano in palestra, evitano di correre (come invece fanno quei deficienti paonazzi e col fiatone che si incontrano ogni tre minuti sui marciapedi delle città), non frequentano piscine (piene di umidità, dannosissima alla salute), preferendo il riposo e odiando specialmente i ciclisti amatoriali, cioè gli sportivi più irritanti che le tentano tutte per essere travolti dalle auto e purtroppo non ci riescono.

Sono sicuro che i signori scienziati non risponderanno alle mie obiezioni. Non sono in grado di farlo perché non hanno prove da esibire: si limitano a spacciare per scientifiche le loro congetture ricavate dall'esame delle statistiche, notoriamente ingannatrici, come già ebbe a osservare Trilussa: se tu mangi un pollo e io digiuno, stando alle indagini demoscopiche, ne abbiamo mangiato mezzo ciascuno. Roba vecchia ma intramontabile.
Torniamo all'attività fisica che sarebbe un toccasana, una garanzia per campare a lungo e bene. Tutte balle. Quando Giuseppe Prezzolini, ultracentenario, si rifugiò a Lugano pur di non risiedere nel Bel Paese, mi concesse un'intervista. Erano le 9 del mattino nel momento in cui suonai alla sua porta. Lui stesso aprì, vispo come un grillo. Mi fece accomodare in salotto e disse: «Abbia pazienza dieci minuti, termino l'articolo che sto scrivendo per il Resto del Carlino, poi verrò da lei. Intanto, beva un sorso di questa grappa». E mi porse la bottiglia.

Non ero né sono astemio, pertanto ne bevvi un goccio. Poi cominciò la conversazione, invero scoppiettante. In conclusione, lo interrogai circa la sua longevità: come ha fatto ad arrivare così in forma a questa età? E lui, sprezzante: non ho mai fatto ginnastica. Sono più portato a credere a Prezzolini che ai pediatri, i quali, fra l'altro farebbero meglio a occuparsi di bambini che non di anziani pigri. Anche perché se sono diventati anziani, c'è poco da insegnare loro cosa debbano fare per non tirare le cuoia.

Va citato pure Andreotti, morto recentemente non soffocato dalla balia. Amava ripetere di non avere mai perso tempo a fare sport, pur apprezzando molto gli amici sportivi, tant'è - diceva - «che ho assistito alle esequie di tutti loro». Si dà il caso, comunque, che perfino il Divo Giulio, ultranovantenne fu costretto a passare dall'aldiquà all'aldilà. Ovvio. Nel futuro di chiunque, anche dei pazienti pediatrici, c'è una tomba. Destino cui nessuno sfugge. I cimiteri sono zeppi di fumatori, di ex fumatori, di chi non ha mai fumato, di gente magra e di gente grassa che, a sepoltura avvenuta, comincia automaticamente a dimagrire, dimostrando che, ciccia o non ciccia, prima o poi diventiamo tutti sdutti a prescindere dal peso che abbiamo avuto in vita.

È probabile che la pigrizia non aiuti a battere il record di permanenza in questa valle di lacrime, ma non c'è dubbio che sia utile allo scopo di campare comodamente.

Un mio amico indolente, a chi lo incitava ad alzare i glutei dal divano nel quale usava sprofondarsi, rispondeva: «Fossi scemo, non mi basta stare fermo, preferisco l'immobilità». Se n'è andato a 83 anni per una polmonite: si era addormentato su quel divano, in aprile, lasciando la finestra aperta, e prese freddo. Perché non la chiuse? Per pigrizia, naturalmente. Non sono molto diverso da lui.

Ho sempre abitato al primo piano, talvolta a quello terreno. Scelta strategica: casomai si guastasse l'ascensore, non devo salire a piedi le scale. Ho tirato di scherma, ho giocato al calcio, ho montato a cavallo. L'ho fatto per divertimento. Ma ho smesso presto, prima di stancarmi. Casa, automobile, ufficio e viceversa: trascorro l'esistenza seduto in poltrona. Percorrerò ogni dì non oltre cento metri complessivi con le mie gambe, che tuttavia sono abbastanza forti per prendere a calci nel didietro chi eventualmente volesse costringermi ad essere dinamico. Confesso. Pratico una disciplina assai impegnativa: una specie di sollevamento pesi, pesi leggeri, però; alzo il gomito per bermi qualche bicchiere, bianco o rosso, indifferentemente. Ho 70 anni. Non sono affetto da pinguedine. Lavoro anche il sabato e la domenica. Magari morirò presto, ma non sudato. Già questo mi conforta. Meglio essere vittime della strage degli indecenti che non della strage degli innocenti.
Quando guardo i podisti, i maratoneti e i velocisti ne assorbo mentalmente la fatica e mi riposo anche per loro. Poveracci.

Ma chi glielo fa fare? Non ho mai voluto essere un atleta come Mennea. Forse non ho sbagliato, constatata la fine che egli ha fatto. Sedetevi. Se la morte deve arrivare, è più decoroso che vi colga in vestaglia che in tuta.

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