Politica

Bersani premier peggio di Hollande

Serve dare un'occhiata alla Francia e all'Inghilterra senza perdere di vista l'Italia, che maggiormente ci preoccupa. Alcuni mesi or sono Nicolas Sarkozy, dopo una serie di errori commessi per arroganza e superficialità (guerra in Libia, ad esempio), riuscì nella difficile impresa di perdere le elezioni in favore di François Hollande. Questi, conquistato l'Eliseo fra applausi e dichiarate speranze di grandeur, sembrava l'uomo giusto per contrastare lo strapotere di Angela Merkel e avviare un processo di riequilibrio delle forze in Europa.
Tutto sbagliato. Il nuovo presidente è stato fin qui una frana. Col suo socialismo, romantico e antiquato, non solo non è stato capace di tenere testa alla cancelliera, che ha continuato a imporre la regola tedesca all'Ue; ha addirittura peggiorato la situazione nel proprio Paese. Basti pensare che la pressione fiscale francese ha eguagliato quella italiana, suscitando malcontento e proteste nei cittadini. Risultato: il gradimento di Hollande è crollato al 35-36 per cento in brevissimo tempo. L'economia, già in crisi come del resto in mezzo mondo, è precipitata al punto che le agenzie di rating hanno tolto a Parigi la tripla A.
Brutto segnale. Cosicché Sarkozy, buttato fuori dalla porta, medita di rientrare dalla finestra, e a gioco lungo probabilmente ce la farà. Il lettore si domanderà: e allora, che m'interessa della politica francese? Interessa, interessa. Infatti, l'Italia si accinge a recarsi alle urne per consultazioni politiche e rischia di imitare (...)

(...) la «cugina» confinante. I presagi sono molteplici. Anche qui, come là, la sinistra ha rialzato la cresta e punta con decisione a vincere le elezioni. Nel caso, avremo a Roma un premier, Pier Luigi Bersani, controfigura di Hollande. Cioè un uomo di sinistra, proveniente per giunta dal Partito comunista (da cui ha ereditato un patrimonio ideologico indistruttibile), pronto a ricalcare le orme del collega francese, con effetti immaginabili.
Non appena si sarà insediato a Palazzo Chigi (gli scongiuri sono opportuni) provvederà a introdurre la patrimoniale, mettendo in fuga ciò che è rimasto in patria dei capitali nostrani. Poi sarà costretto, sotto l'incalzare del Movimento 5 stelle, dato per secondo partito, a modificare le leggi promosse dal ministro Elsa Fornero in materia previdenziale e di lavoro. Quanto basta a riportare l'Italia indietro di vent'anni, con conseguenze disastrose per le casse dello Stato, per le aziende e per l'occupazione.
La classica politica di sinistra non si discosta mai da certi schemi ben noti: complicità con i sindacati più retrivi, statalismo esasperato, nessuna intenzione di contenere la spesa pubblica, penalizzazione dell'iniziativa privata e criminalizzazione delle cosiddette partite Iva (il cui numero supera i 4 milioni e mezzo). L'agognata e illusoria ripresa non ci sarà; anzi, assisteremo a un'accentuazione della depressione: Pil e consumi giù, disoccupazione e debito pubblico su. Queste e non altre sono le prospettive con un governo progressista legittimato dal voto, giacché è impensabile che il Pd vada contro le idee e i pregiudizi dei propri elettori.
Si potrà obiettare che i tecnici di Mario Monti in fondo non hanno percorso una strada molto diversa da quella su cui marcerà Bersani (con Vendola e compagni vari). Verissimo. Tuttavia, i bocconiani, pur con i loro difetti, hanno almeno tentato di intraprendere qualche (finta) liberalizzazione per ingraziarsi i pochi connazionali fiduciosi nel libero mercato. Mentre gli ex comunisti non avranno scrupoli nell'attuare una politica di sinistra tout court, ciò che esclude qualsivoglia attenzione alle imprese, le sole attrezzate per garantire un minimo di ricchezza al Paese.
Un fisco soffocante e crudele, che perseguita chi paga le tasse, ma non è all'altezza di scovare i grandi evasori; una patrimoniale incombente; una burocrazia ciclopica e costosa; un apparato politico mostruoso e senza eguali nel mondo; un livello allarmante di corruzione; una disciplina del lavoro che frena le assunzioni: dove andremo a finire?
Dalla Gran Bretagna giunge una notizia: oltre il 50 per cento dei sudditi è contrario alla permanenza nella Ue. Cosa ne dicono gli europeisti che considerano burini ignoranti gli italiani euroscettici? Tutti stupidi e cafoni anche gli inglesi? Per concludere, un'informazione a coloro i quali insistono sulla necessità di non sganciarci dal carro europeo onde avere un futuro e poter confidare nella ripresa economica: l'energia in Germania costa la metà che da noi, e il denaro pure. Come faremo in queste condizioni a competere con i tedeschi? Non viene a nessuno il dubbio che chi fa da sé fa per tre? Illudersi che le aziende di casa nostra possano recuperare terreno pur gravate da handicap quali quelli descritti è un delitto contro la logica.

segue a pagina 2

di Vittorio Feltri

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