Cronache

Bimbo dimesso dall'ospedale: "È faringite", ma a casa muore

Piccolo di tre anni portato al pronto soccorso con la febbre alta: dopo le cure riaffidato ai genitori. Al mattino non respirava più

Bimbo dimesso dall'ospedale: "È faringite", ma a casa muore

Dimesso dal pronto soccorso, torna a casa e muore. Una morte inspiegabile oppure l'ennesimo caso di malasanità? Una tragedia accaduta venerdì notte a Pescia Romana, frazione di Montalto di Castro, a un bimbo di tre anni e mezzo.

Il piccolo Leonardo S., secondo di due gemellini, da ore ha la febbre molto alta. È sera e i genitori decidono di farlo visitare in ospedale. La struttura più vicina è nel comune della Tuscia Viterbese, a Tarquinia. In pochi minuti l'intera famiglia è in macchina. Arrivati nel nosocomio, i sanitari prestano al piccolo le prime cure per far abbassare la temperatura del corpicino. Gli antipiretici fanno la loro parte e, dopo alcune ore di osservazione, le cose sembrano andare per il meglio. «Potete andare a casa» dicono i medici di guardia. La diagnosi? Una faringite, da curare con antibiotici e antipiretici pediatrici. Tornati a Pescia, Leonardo viene rimesso nel lettino. Niente può far presagire la tragedia.

Il bambino dorme senza problemi per tutta la notte. Al mattino, però, i genitori si accorgono che non respira affatto. Disperati, allertano il 118. Ma quando i sanitari arrivano sul posto con un'ambulanza non possono fare altro che constatarne il decesso. Un caso drammatico sul quale carabinieri e magistratura hanno aperto un'inchiesta. A militari della caserma locale i primi accertamenti, tra i quali il sequestro dei verbali di pronto soccorso. Il fascicolo, aperto per il momento con almeno due avvisi di garanzia, da Pescia Romana finisce alla compagnia di Tuscania e alla Procura di Civitavecchia. I due indagati, i medici dell'ospedale tarquiniese responsabili delle dimissioni del piccolo paziente, sono stati già interrogati. La Asl di Viterbo, dal canto suo, ha avviato contemporaneamente un procedimento interno per far luce sui fatti e verificare se siano state rispettate tutte le procedure previste dal protocollo.

L'Azienda sanitaria locale rende noto, inoltre, di essere a completa disposizione della magistratura di Civitavecchia per fornire tutta la collaborazione e la documentazione di cui gli inquirenti avranno bisogno. La salma di Leonardo è stata portata nell'obitorio di Montalto di Castro, da qui, nei prossimi giorni, verrà trasferita all'Istituto di Medicina Legale di Roma dove verrà eseguita l'autopsia disposta dal magistrato titolare dell'inchiesta.

Gli inquirenti vogliono stabilire le cause esatte del decesso per appurare se siano state prestate tutte le cure necessarie, ovvero se siano state commesse omissioni o negligenze da parte del personale ospedaliero. Un caso che ricorda, drammaticamente quello di un bambino di Fiumicino. Il piccolo Leonardo Q., stesso nome stesso tragico destino, appena 35 giorni di vita, viene colto da crisi respiratoria e letteralmente abbandonato fra le braccia dei genitori nel disperato tentativo di raggiungere l'ospedale di Ostia. Dopo 10 anni di processi, il cardiochirurgo A.V. viene condannato dalla Cassazione per omicidio colposo. Il medico non avrebbe usato gli strumenti in dotazione nel presidio di primo intervento per salvare il neonato.

Non ha usato la maschera con l'ossigeno, non l'ha ventilato, «eventualmente con la respirazione bocca a bocca», in attesa di un'ambulanza.

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