Cronaca locale

Cara sinistra, se questa è la tua Milano...

Anziani ridotti a mendicare, emarginati nudi in strada, tendopoli in centro. Ecco le istantanee choc della ex città da bere. Che è diventata da compiangere

Cara sinistra, se questa è la tua Milano...

È stato un grande dolore, per un milanese come me, vedere queste fotografie e pubblicarle. Sono le immagini e la testimonianza del degrado cui è soggetta la più europea tra le metropoli italiane, sono la documentazione visiva di un malinconico declino nell'indifferenza o nell'incapacità di chi dovrebbe garantire la nostra dignità e la nostra sicurezza. La vicesindaco Ada Lucia De Cesaris ci muove l'accusa di imbastire una polemica strumentale su alcuni episodi isolati. Fossero proprio episodi e fossero proprio isolati potremmo anche darle ragione. Ma non è così. Nella nostra vita quotidiana c'imbattiamo ormai di frequente in quelli che erano casi pietosi, il fisiologico tasso di marginalità umana che un grande agglomerato urbano comporta, e che invece sono diventati un tessuto costante del nostro vivere. Milano si sta arrendendo, l'impressione è che lo sconforto e il disordine abbiano contagiato tutte le articolazioni della società, abbiano ucciso la speranza.
La donna a seno nudo della stazione Centrale può anche essere catalogata, con buona volontà minimizzatrice, tra coloro la cui mente è turbata. Lo stesso discorso non può tuttavia essere fatto per le abiezioni e gli abbrutimenti che in quella mole marmorea trovano rifugio. E nemmeno può essere fatto per le violenze d'una imperversante e aggressiva mendicità professionale che scaccia e intimorisce - vedi foto - una anziana costretta a tendere la mano per pagare un balzello inflittole da questo Stato forte con i deboli e debole con i forti. Non è lecito ignorare il dolore e la sofferenza della Milano che fu da bere ed è ormai solo da compiangere. Le persone per bene, dignitose e in tempi non remoti autosufficienti, che raccattano gli avanzi di verdura lasciati dai mercati rionali ci dicono di tante tragedie personali, di tante rinunce penose, di tanta povertà: non degli accattoni importati e sfrontati ma di milanesi umiliati.
C'è la crisi, lo so. E non colpisce soltanto Milano, colpisce ogni città o villaggio italiano. Ma a Milano morde di più perché questa era stata non solo Milano ma Stramilano, un gigante ferito e tuttavia non ucciso dalla guerra. Un gigante capace, dopo l'immane catastrofe, di ritrovare fiducia, successo, prosperità. Oggi Milano è più ricca di conforti materiali ma del tutto incapace di pensare che domani sarà meglio di oggi, e dopodomani meglio di domani. Adesso si pensa il contrario. Domani peggio di oggi e dopodomani peggio di domani. Non voglio, per amor di tesi, addossare al sindaco Pisapia e alla sua giunta tutte le colpe del collasso milanese. Anche lui ha subito i contraccolpi della recessione. E secondo me è senz'altro meglio del napoletano De Magistris. Ma ha avuto il grave torto d'atteggiarsi, insediandosi a Palazzo Marino, a resuscitatore delle virtù milanesi. Hanno avuto, lui e i suoi collaboratori, il grave torto di promettere un rinascimento e d'assistere impotenti a un disfacimento. Probabilmente l'amministrazione Pisapia è stata motivo di conforto per una certa componente cittadina, non direi quella di chi lavora e si sacrifica di più. La componente dei centri sociali e degli specialisti in striscioni di protesta. Pisapia, uomo di legge che piace a molti fuorilegge, oscilla tra la vocazione professionale alla legge e all'ordine e gli impulsi barricaderi di certa base. Le cerimonie con la sciarpa tricolore a tracolla sono, per un sindaco, gratificanti. La Milano dell'ufficialità è molto per benino.

Quella delle fotografie lo è meno.

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