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Caso Ruby, depositate motivazioni sulla condanna di Berlusconi

Ecco cosa scrivono i giudici: "Berlusconi era il regista delle esibizioni sessuali delle giovani donne ad Arcore". Gli avvocati Ghedini e Longo: "Sentenza surreale, non sarà confermata"

Caso Ruby, depositate motivazioni sulla condanna di Berlusconi

I giudici della quarta sezione penale di Milano hanno depositato le motivazioni della sentenza pronunciata nei confronti di Silvio Berlusconi, condannato in primo grado a sette anni di reclusione nell’ambito del processo sul "caso Ruby". I giornalisti non sono stati autorizzati ad avere copia delle motivazioni. Nei giorni scorsi alcuni cronisti, "in qualità di rappresentanti dei giornalisti giudiziari del palazzo di giustizia di Milano", avevano chiesto di poterne avere copia "trattandosi di un caso di interesse pubblico e di stringente attualità". Ma il giudice Giulia Turri, che ha depositato le motivazioni, ha respinto la richiesta spiegando che ai sensi dell’articolo 116 del codice di procedura penale non sono "soggetti legittimati" a prenderne visione. Dopo qualche minuto trapelano i primi stralci su ciò che i giudici hanno scritto nelle motivazioni: "Risulta innanzitutto provato che l’imputato abbia compiuto atti sessuali con El Mahroug Karima in cambio di ingenti somme di denaro e di altre utilità quali gioielli". "Ritiene il Tribunale che la valutazione unitaria del materiale probatorio illustrato evidenzi lo stabile inserimento della ragazza nel collaudato sistema prostitutivo di Arcore ove giovani donne, alcune delle quali prostitute professioniste, compivano atti sessuali in plurimi contesti".

"Risulta provato - si legge ancora - che il regista delle esibizioni sessuali delle giovani donne fosse proprio Berlusconi, il quale dava il via al cosiddetto bunga bunga in cui le ospiti di sesso femminile si attivavano per soddisfare i desideri dell’imputato, ossia per fargli provare piaceri corporei, come chiarito dalla stessa El Mahroug, inscenando balli con il palo da lap dance, spogliarelli, travestimenti e toccamenti reciproci". I giudidi proseguono scrivendo che "a tale preludio faceva poi seguito la notte ad Arcore con il presidente del Consiglio, in promiscuità sessuale, ma soltanto per alcune giovani scelte personalmente dal padrone di casa tra le sue ospiti femminili. Certo è che, tra queste, egli scelse El Mahroug Karima in almeno due occasioni".

In un altro passaggio si legge che c’è "la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della consapevolezza dell’imputato della minore età di El Mahroug Karima nella forma del dolo diretto".

"Il presidente del Consiglio dei ministri ha chiamato nel cuore della notte il capo di gabinetto per chiedere la liberazione" di Ruby "al fine di ottenere per sé un duplice vantaggio": da un lato, la ragazza veniva in tal modo rilasciata per cui la stessa avrebbe
potuto continuare indisturbata a frequentare Arcore e, dall’altro, evitava che la stessa potesse riferire alle forze dell’ordine o alle assistenti sociali di avere compiuto atti sessuali a pagamento con lo stesso imputato, garantendosi così l’impunità". La prova che Berlusconi sapeva della minore età di Ruby? Per i giudici è nella telefonata che l’ex premier fece in Questura la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010: "La prova della consapevolezza in capo all’imputato - scrivono - si trae logicamente dal comportamento tenuto da Berlusconi a seguito del controllo di Karima effettuato dal Commissariato Monforte-Vittoria in corso Buenos Aires".

Berlusconi, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, avrebbe inquinato le prove del processo: "Ritiene il Tribunale di dovere tenere conto anche della capacità a delinquere dell’imputato, desunta dalla condotta susseguente ai reati, consistita nell’attività sistematica di inquinamento probatorio a partire dal 6 ottobre 2010, attuata anche corrispondendo a El Marough Karima e ad alcune testimoni ingenti somme di denaro".

Il Cavaliere "non cessò affatto di avere rapporti con la minorenne" dopo la notte del controllo in questura il 27 maggio 2010, "tanto che ne pretese l’affidamento a Minetti Nicole, una delle fedeli frequentatrici della residenza di Arcore, bene inserita nel sistema prostitutivo, la quale coadiuvava addirittura l’imputato nella gestione degli appartamenti di via Olgettina, provvedendo a mantenere i contatti con il gestore dell’immobiliare e con il ragioniere Spinelli per i pagamenti delle spese e dei canoni di affitto delle ragazze".

Secondo i giudici il capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni, obbedì alla richiesta dell’allora premier Berlusconi di rilasciare Ruby perché preoccupato da eventuali rischi sulla sua carriera. Se i giudici definiscono una "frottola" la parentela tra Ruby e il presidente Mubarak la condotta di Ostuni "rivela un palese timore del soggetto passivo, derivante dall’indebita richiesta avanzata da Berlusconi, tanto da non potere sottrarvisi, anche solo al fine di evitare eventuali ripercussioni negative sul suo futuro professionale, in virtù dei rapporti gerarchici intercorrenti tra i protagonisti e dei ruoli dagli stessi rivestiti".

Molto duro il commento dei legali di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo: "Certo che la condanna a un cittadino a sette anni di reclusione in un processo dove tutte le asserite persone offese ne attestano l’innocenza, compresi i funzionari di polizia, è davvero un fatto che poteva accadere soltanto al presidente Berlusconi. Una concussione per costrizione con l’asserito concusso che nega di esserlo e che viene ritenuto tale perchè avrebbe potuto, ipoteticamente, temere effetti negativi per la sua carriera. Mai il dottor Ostuni ha prospettato di aver lontanamente pensato a tale evenienza. Nel contempo la dottoressa Iafrate ha costantemente dichiarato di aver deciso in piena e totale autonomia e libertà l’affido di Ruby" sottolineano Longo e Ghedini. "Parimenti è del tutto assurda la ricostruzione delle serate ad Arcore e dei rapporti con Ruby. Tutte le testimonianze, oltre trenta, che non collimavano con le poche dell’accusa, sono state non solo neglette ma addirittura ritenute false. Le nette e reiterate negazioni di Ruby, verbalizzate ben prima della serata del 6/10/2010, che segnerebbe a parere del Tribunale la consapevolezza del presidente Berlusconi in ordine alle dichiarazioni rese in Procura, non vengono neppure considerate", rimarcano.

"Ruby ha sempre negato fin dal primo momento qualsiasi atto sessuale con il Presidente Berlusconi e qualsiasi dazione di denaro a ciò rivolta. Ugualmente la teste ha sempre ribadito che il presidente Berlusconi era inconsapevole, comunque, della sua minore età.

Certo che la condanna ad un cittadino a sette anni di reclusione in un processo dove tutte le asserite persone offese ne attestano l’innocenza, compresi i funzionari di polizia, è davvero un fatto che poteva accadere soltanto al presidente Berlusconi".

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