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Il Cav sfida i giudici di Milano: rieducatemi nella mia Arcore

Depositata in tribunale e chiusa in cassaforte l'istanza di affidamento ai servizi sociali. Altro che "fuga" a Roma, il domicilio è villa San Martino. Non è stata scelta nessuna attività

Il Cav sfida i giudici di Milano: rieducatemi nella mia Arcore

Se qualcuno si aspettava che Silvio Berlusconi si candidasse ad aiutare in qualche parrocchia o a dare consigli in una Onlus - insomma a infilarsi nella ridda di proposte serie o beffarde che gli sono piovute addosso in queste settimane - beh, è rimasto deluso. Perché quella che ieri mattina, mezz'ora prima della chiusura delle cancellerie, viene depositata negli uffici della Procura della Repubblica di Milano è l'istanza di affidamento ai servizi sociali ampiamente preannunciata dai difensori del Cavaliere; il testo, chissà perché, è stato precipitosamente chiuso in una cassaforte del tribunale d sorveglianza; ma una cosa è certa: nella sua istanza, Berlusconi si limita ad esprimere una generica disponibilità a affrontare i passaggi previsti dalla legge, guardandosi bene (e d'altronde non era tenuto a farlo) dal dichiararsi pronto ad attività «socialmente utili». Se i giudici vorranno concedergli l'affidamento, dovranno farlo sulla base di quanto ha fatto finora, e non di qualche ora spesa a perdere tempo in una comunità di recupero.
I termini per la presentazione della domanda di affidamento scadevano martedì prossimo, ma già da un paio di giorni il Cavaliere e i suoi legali Franco Coppi e Niccolò Ghedini avevano terminato di limare il documento da sottoporre alla magistratura. In quegli incontri, era stato affrontato e sciolto anche il nodo della residenza da indicare nella domanda. Milano o Roma? Decisione non facile, perché dal momento in cui scattasse l'affidamento i movimenti di Berlusconi sarebbero alquanto limitati. Alla fine, stando a quanto trapela del documento chiuso in cassaforte, la scelta è caduta su Milano. L'ex premier, viene spiegato ai giudici, ha la residenza a Roma ma il domicilio ad Arcore. Ed è quest'ultimo indirizzo ad essere stato indicato come la «base» operativa cui Berlusconi intende restare legato nel corso dei dodici mesi della espiazione della pena: fermo restando il suo diritto di chiedere l'autorizzazione a recarsi a Roma o altrove quando lo riterrà necessario.
Non è una scelta da poco, questa del Cavaliere. Anche perché dimostra che la decisione di spostare la propria residenza a Roma, formalizzata ancora prima della sentenza di condanna, non aveva come obiettivo sottrarsi alla giurisdizione della magistratura milanese. Sarà il tribunale di Sorveglianza del capoluogo lombardo a decidere se concedergli l'affidamento, e sarà lo stesso tribunale a gestirlo nel corso dei mesi. Sarà un «cliente» facile, Berlusconi, per gli psicologi e i giudici del tribunale di sorveglianza? O anche questa fase diverrà una nuova puntata del braccio di ferro ventennale tra il Cavaliere e il palazzo di giustizia milanese?
Ieri la richiesta viene depositata in Procura e da quel momento viene trattata come se, invece di una istanza, contenesse antrace. La Procura, su ordine del capo Edmondo Bruti, la chiude in una busta sigillata e la fa portare al tribunale di sorveglianza. Qui il presidente, Pasquale Nobile de Santis, la chiude in cassaforte senza nemmeno aprirla. Verrà esaminata solo a partire dalla settimana prossima. Ma ci vorranno molti mesi (sei, nella più rapida delle ipotesi; una dozzina o più, se si seguiranno i tempi ordinari) prima di una decisione.
Nel frattempo Berlusconi continuerà a fare la sua vita normalmente: unico impiccio, i colloqui periodici con Severina Panarello, capo dello staff del Dipartimento della amministrazione penitenziaria, che dovrà vagliare la sua volontà di «reinserirsi». A meno che nel frattempo non accada qualcosa di nuovo: visto che giovedì prossimo verranno depositate le motivazioni del processo Ruby 2, che apriranno la strada ad una nuova inchiesta contro Berlusconi.

Ipotesi di reato: corruzione di testimoni.

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