Cronache

In chiesa come a Sanremo: il prete imita i Ricchi e Poveri

Nel milanese show di don Bruno: canta e balla sull'altare. Altre stravaganze: in Veneto sacerdote ingaggia "buttafuori" e un vescovo proibisce di piangere

In chiesa come a Sanremo: il prete imita i Ricchi e Poveri

Lui si chiama don Bruno, ma dentro di sé si sente Don Lurio. Il problema è che questa sua passione per il canto (stridulo) e il ballo (sfrenato) don Bruno Maggioni, parroco di Limbiate (Milano), non la coltiva nel segreto della canonica, ma la fa esplodere pubblicamente sull'altare. Preferibilmente durante i matrimoni. Non si tratta di maldicenze seminata da beghine insofferenti alla vocazione «artistica» di don Bruno, ma di sacrosanta verità benedetta coi moderni crismi della tecnologia: vale a dire un video registrato col telefonino e subito diventato virale sul web («virale» nel senso che è cliccatissimo, ma anche nel senso che farà venire più di un mal di pancia ai superiori di Don Lurio, pardon don Bruno ndr). Il filmino, gettonatissimo su youtube e dagospia, non lascia dubbi. Don Bruno che - col sottofondo a palla di Mamma Maria dei Ricchi e Poveri - si agita come colpito, contemporaneamente, dal ballo di san Vito e dal fuoco di sant'Antonio. Da consumata rockstar in «concerto live», don Bruno invita sposi, testimoni, chierichetti e paggetti a partecipare all'happening. Ma quali fedeli e parenti degli sposi? Le persone sedute in chiesa agli occhi di don Bruno si sono ormai trasformate in «fan» da conquistare a suon di decibel e passi alla Michael Jackson. E il «pubblico» (pur tra qualche imbarazzo) mostra di gradire. Lo show - per ora - è gratis e va avanti per un bel pezzo, finché don Bruno - esausto - si avvinghia alla sposa riscuotendo la meritata standing ovation.

Decisamente più contrastata risulta invece l'iniziativa - per certi versi altrettanto «spettacolare» - di un altro collega di don Bruno: don Fausto Bonini, parroco a Mestre del Duomo di San Lorenzo. Anche don Fausto in questi giorni - nell'attesa di assurgere agli onori degli altari - è assurto agli onori (decisamente più profani) della cronaca. È lui infatti il primo sacerdote che ha deciso di inaugurare in chiesa un servizio di «buttafuori» per tenere lontano dal suo gregge di pecorelle quei lupi cattivi dei «Barbanera» (mendicanti rom che - pare - pretendano l'elemosina con modi che farebbero perdere la pazienza anche a un santo). E infatti quel sant'uomo di don Fausto la pazienza l'ha persa e ora si è rivolto a delle «guardie» volontarie che veglieranno sulla tranquillità della messa. Apriti cielo. Il prete è subito stato tacciato di «razzismo», aggettivo che in questo è come il blu: va bene su tutto.
Non di «razzismo» ma di «afasia sentimentale» è stato invece accusato monsignor Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto che nella sua nota pastorale del 22 giugno si appella alla «sobrietà e alla compostezza durante la celebrazione delle esequie in chiesa»; da cui dovranno esse «banditi» gli «elogi funebri da parte di conoscenti, le corone floreali e i pianti eccessivi». «Pianti eccessivi»? Ma come, da bambini, al catechismo, ci ripetevano che in chiesa era vietato ridere; e ora, da grandi, spunta un monsignore che sostiene che è vietato piangere? E poi, perché mai? Se un povero cristo non può piangere neppure in chiesa, dove deve piangere? Al bar? Al circolo del dopolavoro (ammesso che il povero cristo in questione un lavoro ce l'abbia...)? Dal benzinaio (con quello che costa il gasolio...)? Al supermercato? Boh.

Va detto comunque che la linea-Pizziolo (almeno la parte relativa alla «sobrietà» e alla «compostezza») si inserisce nel solco tracciato già da qualche tempo dalla Chiesa, che giustamente si è posta il problema di porre un argine alle celebrazioni sempre più «creative» officiate da certi religiosi amanti di funzioni - diciamo così - troppo «originali». Messe «trasgressivi» che, al di là dell'indiscussa buona fede dei preti «alternativi», offrivano ormai «varianti sul tema» decisamente sui generis: dalle esibizioni in chiesa di saltimbanchi alle canzone partigiane; dalla «benedizione» concessa pure a cani e gatti alla «teatralizzazione» dell'eucarestia. Ora su tutto e tutti veglia la sobrietà di Papa Francesco, che - non è escluso - potrebbe fare una telefonatina a don Bruno, don Fausto, monsignor Pizziolo. E chissà quanti altri...

Al pontefice venuto «dalla fine del mondo» non piacciono le stravaganze «dell'altro mondo».

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