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Il Colle non fermerà il leader del Pdl

Come finirà l'Italia dell'era berlusconiana? La quarta stagione dell'Italia non finirà scambiandosi le magliette tra le due squadre avversarie

Il Colle non fermerà il leader del Pdl

Come finirà l'Italia dell'era berlusconiana? Con un semplice congedo, chiamato decadenza, con il carcere e le sue varianti, con un conflitto finale, una tragedia, una farsa, una cerimonia d'addio, una rivincita elettorale?

La domanda con le sue soluzioni variopinte tiene banco nelle conversazioni degli italiani, è l'interrogativo dominante che percorre da mesi i media e i poteri del nostro Paese. Da quando si è unita, l'Italia ha passato quattro stagioni. La prima  fu l'età liberale, nata dal Risorgimento e finita con la prima guerra mondiale, l'età più lunga, che solo un sanguinoso conflitto riuscì a strappare. La seconda fu l'età fascista nata dal doppio cortocircuito della vittoria mutilata e della rivoluzione socialista mancata e finì con la guerra civile e la seconda guerra mondiale. La terza fu l'età democristiana nata dalle ceneri della guerra e morta a Tangentopoli.

Le tre Italie furono condannate a morte da tre parricidi: quello di re Umberto agli inizi del Novecento, quello di Mussolini a metà del secolo, quello di Moro alla fine degli anni di piombo (più il parricidio simbolico di Craxi). Due assassinii precedettero di alcuni anni la fine dell'epoca che incarnavano, il terzo sancì subito la fine dell'età fascista. E adesso come finirà la quarta stagione dell'Italia unita, denominata a torto o ragione età berlusconiana? Se Berlusconi ha rappresentato a suo modo il Cesare della nostra epoca, chi ne sarà il Bruto? E se è Napoleone chi lo manderà all'Elba e poi a Sant'Elena? Finirà in modo soft, come qualcuno dice, scivolando lentamente nell'oblio e nella rassegnazione o con una fiammata finale, come si addice a un personaggio che ha suscitato come nessuno odi e amori così diffusi e così concentrati? E di quella conclusione quanti saranno partecipi, coinvolti e travolti, e chi si salverà o addirittura acquisterà maggior peso? È inutile negarlo, sono quelle le domande sospese nell'aria d'Italia da qualche tempo. Se protagonista assoluto dell'epoca è stato Berlusconi e se i magistrati, più che gli altri soggetti politici, si sono assunti il ruolo dei sicari o giustizieri - secondo i punti di vista - chi sarà il Deuteragonista di quest'epoca? Gli occhi sono tutti puntati su Napolitano.

Le versioni divergono profondamente. C'è chi considera il presidente il vero regista di tutta questa vicenda, da due anni a questa parte. C'è invece chi lo considera l'argine della deriva giudiziaria e guerresca; argine insufficiente per taluni, argine solido per altri. C'è chi gli rimprovera di non aver saputo traghettare il Paese in questa tempesta, assumendo decisioni forti e bacchettando poteri che esondano o mettono in pericolo la salute della Res Publica. L'arco dei giudizi va dal Solito Comunista all'Unico Salvatore, passando per l'Infido Doppiogiochista, il Pesce in Barile, L'equilibrista Impossibile, il Garante dell'Europa o dei suoi potentati.

Personalmente non credo che Napolitano si possa sbrigare con uno di questi giudizi sommari. E non credo che Napolitano abbia perseguito il disegno di liquidare Berlusconi, e non perché credo che sia diventato una specie di Madonna della Democrazia Bipolare, un Santo Protettore della libertà e dei suoi diritti, ma per una ragion pratica molto più netta: Napolitano ha investito tutto il suo prestigio e la sua agibilità nel ruolo di Grande Sintesi e Unico punto d'incontro tra destra e sinistra. E non può perseguire lo sfascio di uno dei due poli su cui regge tutto il suo mandato e passare alla storia come il beccamorto dell'Italia berlusconiana. Il suo disegno a me pare piuttosto un altro: tenere il governo sotto protezione, la sinistra sotto vigilanza e Berlusconi sotto scacco, mai sconfitto e disarcionato del tutto, e mai più in posizione egemone o determinante. La stessa nomina di quattro senatori a vita mira a rafforzare il «suo» governo, il suo potere sul governo e a indebolire e scoraggiare ogni tentazione di rottura.
Non credo che sotto sotto plauda a una soluzione drammatica del caso B., al carcere, al conflitto e all'eliminazione; non può azzoppare il trono su cui regge, vuole semplicemente tenere B. al guinzaglio politico. Nella peggiore delle ipotesi potremmo dire che mira all'eutanasia politica del berlusconismo. Ma graduale, per sfinimento; anche perché preferisce che quello spazio sia occupato da un avversario irretito e semi impedito. I vuoti sono sempre minacciosi.

Per fare un paragone arduo, Napolitano cerca di applicare a Berlusconi la stessa strategia che Moro voleva applicare al Pci. Portarli nell'anticamera del governo, disarmarli e via via indebolirli nell'abbraccio mortale del consociativismo. Ma le Br usarono sistemi più sbrigativi dei magistrati. Se posso azzardare una previsione finale, che non è un auspicio ma nemmeno un timore, non credo che Berlusconi vada a casa con una sigla di chiusura, un'eutanasia politica e un pacifico congedo per raggiunti limiti d'età. Penso che per temperamento e biografia Berlusconi preferirà combattere la Battaglia Finale.

La quarta stagione dell'Italia non finirà scambiandosi le magliette tra le due squadre avversarie.

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