Politica

Il comico vince perché i politici sono incapaci

Il peggior difetto di questa sconcia classe politica è l'incapacità di capire di essere incapace. Tant'è che i rappresentanti del popolo si stupiscono di avere nauseato la maggioranza dei cittadini

Il comico Beppe Grillo
Il comico Beppe Grillo

Il peggior difetto di questa sconcia classe politica è l'incapacità di capire di essere incapace. Tant'è che i rappresentanti del popolo si stupiscono di avere nauseato la maggioranza dei cittadini, i quali hanno perfino smesso di arrabbiarsi: scuotono la testa sconsolati e si risparmiano la seccatura di recarsi al seggio, consapevoli dell'inutilità del voto, dell'insipienza dei partiti, tutti, eccetto il Movimento 5 stelle, nel quale forse molti non credono, ma sperano. Sperano cioè che Beppe Grillo si immedesimi nel ruolo di vendicatore e riesca a ridicolizzare senatori e deputati, costringendoli ad andare a nascondersi. Una simile operazione è alla sua portata. Basta che egli non faccia nulla, non si muova, parli lo stretto necessario e si segga sulla sponda del fiume: prima o poi avrà la soddisfazione di vedere passare centinaia di cadaveri.
Fra pochi mesi si andrà alle urne per il rinnovo del Parlamento. Da qui ad allora i politici non cambieranno comportamento anzi offriranno altri miserevoli spettacoli, cosicché l'ex comico, senza sforzo, conquisterà numerosi consensi, in misura sufficiente per portare a Montecitorio e a Palazzo Madama 120-140 propri uomini animati da un desiderio: disturbare le meschine manovre di chi gestirà il potere per conservarlo, senza preoccuparsi - more solito - dei problemi del Paese.
Il divertimento, si fa per dire, è garantito. Ogni seduta parlamentare assumerà le caratteristiche del cabaret. Immaginate cosa potrà succedere durante, per esempio, un intervento di Pier Ferdinando Casini. Le truppe grillate si scateneranno in tali sfottò da scoraggiare chiunque altro a prendere la parola. È il minimo che ci si attende da loro: porre in evidenza l'insulsaggine dei partiti che hanno fatto dell'inefficienza uno scopo esistenziale. Dopo un paio d'anni di legislatura all'insegna del grottesco, si scioglieranno le Camere e saranno indette nuove consultazioni. A quel punto gli elettori non avranno dubbi e consegneranno la maggioranza ai ragazzi di 5 stelle, nella convinzione che peggio di prima le cose non potranno andare. Poi? Si vedrà. Trovo eccitante l'idea che Grillo entri da trionfatore a Palazzo Chigi e ci rimanga magari cinque anni o dieci, acclamato dalle folle quale salvatore della Patria. Già, perché, male che vada, lui si rivelerà non peggiore dei suoi predecessori, se non altro perché non adora l'Europa per il semplice fatto che l'Europa non c'è, mentre l'euro è una concreta fregatura, come chiun­que ben sa.
La strada a Grillo la stanno spianan­do con cura i partiti, lavorando alacre­mente, instancabilmente. Guardate, per esempio, ciò che stanno combi­nando in Senato a proposito della nuo­va legge sulla diffamazione a mezzo stampa. Si sono mobilitati per toglie­re il carcere ai giornalisti, essendosi re­si conto con grave ritardo che una pe­na del genere è fuori dal mondo. In
commissione hanno discusso, litiga­to, si sono mandati al diavolo; e il te­sto, in mancanza di un accordo che ne favorisse l’approvazione in tempi stretti, è finito in aula.
Qui è scoppiato il pandemonio. In­vece di depennare le tre righe in cui si prevede la prigione (raramente inflit­ta, dal 1948 a oggi: Giovannino Guare­schi, Lino Jannuzzi e Alessandro Sallu­sti), i senatori si sono infilati in un tun­nel di emendamenti peggiorativi che hanno trasformato il ddl in una specie di manuale di torture riservate agli
scribi negletti. Per fortuna tra le nor­me punitive non figurano ancora ­quasi un miracolo - la fucilazione e le pene corporali. Per il resto c’è tutto: multe che solamente i politici ladri, notoriamente ricchi, hanno i mezzi per pagare; interdizione dalla profes­sione e altri supplizi studiati ad arte per indurre la categoria a non scrivere mezza parola storta sulla casta.
L’occasione per adeguare i nostri codici a quelli di Paesi civili,come l’In­ghilterra, rischia di sfumare. Infatti la legge è stata rinviata a martedì prossi­mo,
quando sarà definitivamente af­fossata. Perché non sono state cancel­late quelle tre maledette righe? Lorsi­gnori rispondono: sarebbe assurdo eliminare una norma solo per agevola­re Sallusti; suvvia, non si approva un provvedimento ad personam . Fanta­stico. Come se il pericolo galera non ri­guardasse tutti i giornalisti. Segnalo che il direttore del Corriere della Sera ha sul groppone oltre 100 querele. Se incapperà in un giudice cattivello che applica alla lettera il capolavoro licen­ziato dai senatori, addio Ferruccio de Bortoli: dentro anche lui.
Politici di questa risma, che hanno elevato l’inettitudine e l’incoscienza a stile di vita, sono attrezzati a contra­stare la marcia su Roma di Grillo? Se non hanno coraggio, abbiano alme­no la vigliaccheria di rifugiarsi sul­l’Aventino. E non si presentino più in aula. Noi ci godremo la scena impa­reggiabile del leader ex comico che tratterà affari di Stato con Angela Me­rkel. Moriremo in carcere, ma dal ride­re.


(...) concreta fregatura, come chiunque ben sa.
La strada a Grillo la stanno spianando con cura i partiti, lavorando alacremente, instancabilmente. Guardate, per esempio, ciò che stanno combinando in Senato a proposito della nuova legge sulla diffamazione a mezzo stampa. Si sono mobilitati per togliere il carcere ai giornalisti, essendosi resi conto con grave ritardo che una pena del genere è fuori dal mondo. In commissione hanno discusso, litigato, si sono mandati al diavolo; e il testo, in mancanza di un accordo che ne favorisse l'approvazione in tempi stretti, è finito in aula.
Qui è scoppiato il pandemonio. Invece di depennare le tre righe in cui si prevede la prigione (raramente inflitta, dal 1948 a oggi: Giovannino Guareschi, Lino Jannuzzi e Alessandro Sallusti), i senatori si sono infilati in un tunnel di emendamenti peggiorativi che hanno trasformato il ddl in una specie di manuale di torture riservate agli scribi negletti. Per fortuna tra le norme punitive non figurano ancora - quasi un miracolo - la fucilazione e le pene corporali. Per il resto c'è tutto: multe che solamente i politici ladri, notoriamente ricchi, hanno i mezzi per pagare; interdizione dalla professione e altri supplizi studiati ad arte per indurre la categoria a non scrivere mezza parola storta sulla casta.
L'occasione per adeguare i nostri codici a quelli di Paesi civili, come l'Inghilterra, rischia di sfumare. Infatti la legge è stata rinviata a martedì prossimo, quando sarà definitivamente affossata. Perché non sono state cancellate quelle tre maledette righe? Lorsignori rispondono: sarebbe assurdo eliminare una norma solo per agevolare Sallusti; suvvia, non si approva un provvedimento ad personam. Fantastico. Come se il pericolo galera non riguardasse tutti i giornalisti. Segnalo che il direttore del Corriere della Sera ha sul groppone oltre 100 querele. Se incapperà in un giudice cattivello che applica alla lettera il capolavoro licenziato dai senatori, addio Ferruccio de Bortoli: dentro anche lui.
Politici di questa risma, che hanno elevato l'inettitudine e l'incoscienza a stile di vita, sono attrezzati a contrastare la marcia su Roma di Grillo? Se non hanno coraggio, abbiano almeno la vigliaccheria di rifugiarsi sull'Aventino. E non si presentino più in aula. Noi ci godremo la scena impareggiabile del leader ex comico che tratterà affari di Stato con Angela Merkel. Moriremo in carcere, ma dal ridere.

segue a pagina 2

di Vittorio Feltri

Commenti