Politica

Al diavolo Casini e i suoi capricci

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Di «casinismo» si può anche morire. Casinismo nel senso di Pier Ferdinando Casini, sindrome che si manifesta con le cure dei tecnici. Si chiamano effetti collaterali, ma fanno male lo stesso. A quanto pare è quello che sta accadendo all'Italia. Dicono che l'autunno sarà caldo e cupo. Peggio del previsto. Purtroppo questo non lo dicono astrologi e negromanti o i soliti economisti, ma un ministro del governo Monti: Elsa Fornero. Lo fa capire lo stesso premier quando invita i parlamentari a tenere i motori accessi, perché se a fine agosto la situazione precipita c'è da fare interventi straordinari e senza perdere tempo. Chi può lasci il mare e le immersioni e si presenti in bermuda, muta e infradito a Roma per votare qualcosa che assomigli a una manovra correttiva. Lo fa capire anche Napolitano quando, per difendersi dalle accuse dei troppi decreti legge, scarica sui partiti le riforme non fatte. Il senso è chiaro: se voi non fate nulla tocca a me e al governo metterci una pezza, agire d'ufficio. In questa estate precaria si respira insomma un clima d'emergenza. Il guaio è che il governo Monti ha fatto magari il possibile. Non tutte le scelte sono condivisibili. Forse con una maggioranza così atipica non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo su welfare, lavoro, spending review, lotta alla burocrazia. Troppi paletti. Troppi egoismi. Forse un governo tecnico, nato dalla mente del Quirinale e senza sigillo elettorale, ha sull'etichetta una scadenza naturale. Il rischio è che si guasti o che diventi inefficace. Fatto sta che tutti pensano al 2013 senza riuscire, però, a superare gli scogli che si presentano giorno dopo giorno. Monti è riuscito a tamponare qualche falla, ma non sa più come far navigare la nave. Non si (...)

(...) muove e intanto l'acqua sale. Non ci sono solo lo spread, il debito pubblico, i tagli della spesa che non sono mai abbastanza, c'è soprattutto tutto il resto. C'è l'economia fatta di carne, mutui, sangue e bollette. Qui sta calando la produzione, la gente spaventata e in bolletta compra di meno, le tasse per chi le paga stanno consumando risparmi e fiducia. E troppa gente è senza lavoro.
Come si esce da tutto questo? O si rinuncia alla democrazia e si nomina Monti dittatore a tempo indeterminato e con pieni poteri. Ma non è il caso. Oppure si torna alla politica. Non questo chiacchiericcio tra partiti che pensano solo a come accomodarsi il futuro. No, servono scelte alte e strategiche e un governo che si assuma la responsabilità politica di quello che fa. Con la speranza che un governo in giro si trovi. Spetta agli italiani cercarlo e indicarlo. Perché neppure noi possiamo lavarcene le mani.
Solo che per andare al voto manca un passaggio. Serve la riforma elettorale. Vero, molti pensano sia una questione noiosa. Siamo alla frutta e parliamo di proporzionale e premi di maggioranza? Chi se ne frega. Invece no. La riforma elettorale è necessaria per fare chiarezza e evitare papocchi. Un voto per dire: questa è la maggioranza e governa, questa è l'opposizione e controlla. In Italia, purtroppo, non è mai così facile.
Questa maledetta legge elettorale comunque va fatta. È l'unica cosa a cui dovevano pensare i partiti. Il Pdl la sua proposta l'ha messa sul tavolo: proporzionale con premio al partito di maggioranza relativa. L'altra parte invece tergiversa. Vorrebbe il premio di coalizione ma prende tempo, incartata nelle disquisizioni bizantine di un'alleanza che appena sente l'odore della vittoria pensa a sbranarsi. Soprattutto è succube della ragnatela e dei giochi da corrente democristiana di Casini, che sta dettando i tempi a tutti con la sola idea di speculare sulla figura di Monti e garantirsi una carriera politica. Tutto questo con un partito che finora ha avuto gli elettori contati. L'unica idea politica di Casini è l'esistenza del grande centro. L'unica realtà è che il grande centro è vuoto e occupato da carcasse di partiti morti. Cosa chiede Casini al futuro? Una poltrona da presidente della Repubblica. Eccolo il paradosso dell'Italia. C'è un Paese in secca e noi siamo qui ad aspettare che Pierfurby possa pavoneggiarsi al Quirinale. È il casinismo, malattia a cui Casini dà il nome ma contagia parecchia gente. A questo punto sono due le strade. O si fa Casini (o quelli come lui) presidente o si decide che in realtà Casini e gli altri non esistono. A Bersani e Berlusconi la scelta.

di Vittorio Macioce

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