Politica

Dissesto del San Raffaele, 10 anni di carcere a Daccò

Il faccendiere condannato nell’inchiesta sul dissesto dell’ospedale San Raffaele. La difesa: "Sentenza coi piedi d'argilla"

L'ospedale San Raffaele di Milano
L'ospedale San Raffaele di Milano

Al termine del processo con rito abbreviato, la pena è doppia rispetto alla richiesta del pm. Pierangelo Daccò, il faccendiere accusato di associazione per delinquere, bancarotta e altri reati nell’inchiesta sul dissesto dell’ospedale San Raffaele, è stato condannato con rito abbreviato a dieci anni di carcere. È stato, invece, assolto l’imprenditore Andrea Bezziccheri. "È una sentenza che ha i piedi di argilla - ha replicato l’avvocato di Daccò, Giampiero Biancolella - perché basata sugli stessi presupposti al centro dell’annullamento da parte della Cassazione del primo provvedimento restrittivo. Comunque ci saranno altri gradi di giudizio".

Un’associazione a delinquere per portare avanti una "depredazione sistematica" del patrimonio della fondazione San Raffaele, fino a sottrarre 47 milioni di euro alle casse dell’ospedale. Mario Cal, l’ex braccio destro di don Luigi Verzè morto suicida l’estate scorsa, ne sarebbe stato il capo. Sono in tutto sette gli imprenditori chiamati a giudizio: mentre per quattro di loro il processo va avanti con rito ordinario, i giudici di Milano hanno condannato con rito abbreviato a dieci anni di carcere Daccò, per il quale erano stati chiesti cinque anni e mezzo. È salato il conto che la giustizia inizia a presentare a Daccò, indagato anche nell’inchiesta sulla Fondazione Maugeri di concorso in corruzione insieme al governatore lombardo Roberto Formigoni. Per le vicende del San Raffaele, invece, il faccendiere è stato ritenuto responsabile di associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali e bancarotta per una distrazione che si aggira attorno ai 47 milioni di euro. Reati contestati anche all’ex direttore amministrativo Mario Valsecchi, che aveva patteggiato la pena a 2 anni e 10 mesi, e agli imprenditori Pierino e Gianluca Zammarchi e Fernando Lora processati con rito ordinario assieme a un quarto imputato.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, ci sarebbe il cosiddetto "sistema San Raffaele", in cui gli imprenditori avrebbero sovrafatturato i costi delle prestazioni erogate al gruppo fondato da don Luigi Verzè.

I fondi neri realizzati sarebbero stati poi incassati dal vecchio management che a sua volta li avrebbe girati in contanti a Daccò che li avrebbe occultati in parte all’estero.

Commenti