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E la Procura prepara un'altra trappola per il Cav

La sentenza è un assist per portare alla sbarra Berlusconi, i legali e chi lo ha difeso in aula

E la Procura prepara un'altra trappola per il Cav

Milano - Un gigantesco terzo processo per il caso Ruby, dove sul banco degli imputati siedano tutti quelli che hanno cercato di aiutare Berlusconi a farla franca: poliziotti, agenti dei servizi segreti, manager, musicisti, insomma buona parte dei testimoni a difesa sfilati davanti ai giudici. Anche Ruby, colpevole di avere negato di avere fatto sesso con il Cavaliere. Ma anche i suoi difensori storici, Niccolò Ghedini e Piero Longo. E poi lui medesimo, Berlusconi. Che della opera di depistaggio sarebbe stato il regista e il finanziatore.

È questo scenario l'aspetto più clamoroso della sentenza che ieri pomeriggio condanna per favoreggiamento della prostituzione Nicole Minetti, Lele Mora e Emilio Fede. La condanna era nell'aria; prevedibile era anche che - sulla scia delle colleghe dell'altro processo - anche queste giudici inviassero alla Procura le testimonianze delle ragazze che sotto giuramento hanno descritto le feste di Arcore come innocui incontri conviviali; ed era inevitabile che nell'elenco finisse anche Ruby, che in aula ha negato tutto il negabile. Ma il vero salto di qualità, con cui le giudici del processo Fede-Mora-Minetti scavalcano in durezza le colleghe del processo Berlusconi, sta nella decisione di proporre per l'incriminazione anche Ghedini, Longo e Berlusconi. I giudici con questa decisione mandano a dire (e lo renderanno esplicito nelle motivazioni) che secondo loro in aula non si è assistito semplicemente ad una lunga serie di false testimonianze, rese per convenienza o sudditanza, ma all'ultima puntata di un piano criminale architettato ben prima che lo scandalo esplodesse, per mettere Berlusconi al riparo dalle sue conseguenze. Corruzione in atti giudiziari e favoreggiamento, questi sono i reati che i giudici intravedono dietro quanto è accaduto.

Per l'operazione di inquinamento e depistaggio la sentenza di ieri indica una data di inizio precisa: il 6 ottobre 2010, quando Ruby viene a Milano insieme al fidanzato Luca Risso e incontra l'avvocato Luca Giuliante, ex tesoriere del Pdl, al quale riferisce il contenuto degli interrogatori che ha già iniziato a rendere ai pm milanesi. I giudici del processo a Berlusconi avevano trasmesso gli atti su quell'incontro all'Ordine degli avvocati, ritenendo di trovarsi davanti a una semplice violazione deontologica. Invece la sentenza di ieri afferma che fu commesso un reato, e che insieme a Giuliante ne devono rispondere anche Ghedini e Longo. E l'operazione sarebbe proseguita a gennaio, quando all'indomani delle perquisizioni e degli avvisi di garanzia, si tenne una riunione ad Arcore tra Berlusconi e alcune delle «Olgettine» che erano state perquisite.

Berlusconi come entra in questa ricostruzione? Essendo imputato nel processo, il Cavaliere non può essere accusato né di falsa testimonianza né di favoreggiamento. La sua presenza nell'elenco vuol dire che per i giudici le grandi manovre compiute tra ottobre e gennaio si perfezionarono quando Berlusconi iniziò a stipendiare regolarmente le fanciulle coinvolte nell'inchiesta. Corruzione di testimoni, dunque. Ghedini e Longo ieri reagiscono con durezza, definendo surreale la mossa dei giudici e spiegando che gli incontri con le ragazze erano indagini difensive consentite dalla legge.

Ma la nuova battaglia tra Berlusconi e la Procura di Milano è solo agli inizi.

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