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Elezioni europee 1999: il boom della Bonino e il tonfo di D'Alema

L'appuntamento continentale alle urne di fine ventesimo secolo anticipò la fine dell'esperienza da presidente del Consiglio del "leader Maximo", che prima si passò da solo il testimone per un bis a Palazzo Chigi e poi dovette definitivamente dimettersi. Record storico alle urne per i Radicali

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Ciampi al Quirinale, Prodi alla guida della Commissione Ue, governo D'Alema al bis, Bologna non più roccaforte rossa, quorum anti-proporzionale sfiorato per un soffio. Mentre il mondo si accinge a salutare il secondo millennio e a dare il benvenuto al terzo e l'Europa si prepara ad avere una moneta unica, l'Italia vive un anno solare 1999 denso di appuntamenti politici e istituzionali non irrilevanti, all'interno dei quali si inseriscono (non da ultimo) le elezioni europee. Dopo l'ampliamento dell'Unione stabilito degli anni precedenti ad Austria, Finlandia e Svezia - che ha fatto salire a 626 il numero degli europarlamentari per una popolazione di circa 372 milioni di abitanti - ora diventano 15 i Paesi aderenti alla Comunità: in un continente che vede sostanzialmente dentro le sue mura una guerra sconvolgente come quella del Kosovo.

I risultati delle urne giunti in tutta Europa tra il 10 e il 13 giugno 1999 vedono prevalere il Gruppo del "Partito Popolare Europeo-Democratici Europei" che ottiene 23 seggi in più e 9 nel riordinamento dei gruppi, ottenendo un totale di 233 seggi e superando la sinistra, passando in prima posizione per numero di membri. Per placare l'euroscetticismo in aumento nel Partito Conservatore del Regno Unito, il gruppo era stato ridenominato "PPE-DE" per il nuovo Parlamento, facendo rinascere parzialmente il nome dell'ex partito Democratici Europei, che si era unito al PPE nel 1992. I Socialisti Europei perdono 34 seggi, scivolando al secondo posto per consistenza numerica (180). Medaglia di bronzo confermata per la famiglia dei "Liberali, Democratici e Riformatori" (50). Poche settimane dopo Romano Prodi entrerà in carica come presidente della Commissione europea, a un anno scarso di distanza dalla trappola il centrosinistra gli ha teso alla Camera sfiduciandolo come premier.

E, a proposito di presidenti del Consiglio italiani, Massimo D'Alema non se la passa granché bene in quel periodo: in crisi di popolarità tra gli elettori di sinistra per avere fatto bombardare la Serbia, il 18 aprile è tra gli sconfitti del referendum abrogativo sulla quota proporzionale prevista dalla legge elettorale "Mattarellum" (mancarono 150mila voti per superare il quorum del 50%). Dopo avere archiviato passaggio dalicato del voto per il nuovo Presidente della Repubblica (Carlo Azeglio Ciampi viene eletto al primo turno il 13 maggio, con una larga maggioranza di 707 voti su 1.010), le elezioni amministrative di fine primavera forniscono un pessimo segnale per i Ds: il Polo di centrodestra vince infatti la maggioranza dei ballottaggi nelle comunali: il sindaco a Padova e Arezzo, il presidente della provincia di Milano e, per la prima volta dal dopoguerra, il clamoroso trionfo nella rossa Bologna grazie a Giorgio Guazzaloca.

Ecco infine arrivare la mazzata finale delle Europee. I Democratici di Sinistra vengono nettamente staccati da Forza Italia, primo partito con il 25,1% e con Silvio Berlusconi che riceve più di 3milioni di preferenze. Il movimento guidato da D'Alema crolla al 17,3% dopo il 21% preso alle Politiche del '96, seguito da Alleanza Nazionale-Patto Segno (10,2%). Boom della Lista Bonino, quarta con l'8,4% facendo meglio de "I Democratici" di Prodi, con la storica leader radicale che vivrà un anno personale molto positivo dopo l'appassionata esperienza come candidata a possibile prima donna Capo di Stato. Con quei 2,62 milioni di voti i Radicali otterranno il miglior risultato di sempre. Le conseguenze di quella tornata elettorale non saranno facilmente digeribili per la sinistra: per fare entrare i prodiani del "Dem" nell'esecutivo, D'Alema darà vita una crisi di governo pilotata per arrivare al bis poco prima di Natale e lascerò la guida dei Ds a Walter Veltroni.

Ma avrà comunque le settimane contate a Palazzo Chigi: la debacle del centrosinistra alle elezioni regionali del 16 aprile 2000 gli costerà definitivamente il posto come premier.

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