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Eutanasia, guerra incivile sulla pelle dei malati

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Dovremo farci l'abitudine, e per chi sa quanto tempo, ai dibattiti, ai contenziosi, ai drammi umani che accompagnano la possibilità concessa a un individuo – ridotto a un vegetale – di poter morire in santa pace. Il caso di Vincent Lambert è esemplare. Lui, schiantato da un incidente in moto, è ridotto allo stato vegetale, e prima della disgrazia aveva espresso chiaramente la volontà di voler morire, se gli fosse accaduto qualcosa di simile. Lo Stato francese, in obbedienza a una sua legge, è pronto – deve – a eseguire quanto necessario per rispettare la sua volontà e il proprio diritto, che naturalmente non possono variare di caso in caso. A contrastare volontà e diritto è la famiglia del morituro (non la moglie), che si oppone sia alla scelta del poveretto, sia alla giurisprudenza, sperando in un miracolo, o nel conforto di trovare ancora un po' di vita nel figlio. Il problema, si badi bene, non è se abbia ragione lo Stato oppure la famiglia. Né può trattarsi di uno scontro di volontà o di una discussione accademica e ideologica (sulla pelle altrui) su cosa sia più giusto fare. Qui l'unico che ha ragione è il malato, ora incapace a esprimersi, ma che si era espresso con chiarezza e determinazione quando poteva: se mi capita questo e questo, voglio che non mi teniate in vita. Una legge francese (...)

(...) lo consente, e lo Stato ha il dovere – l'unico diritto è quello di Lambert – di rispettare la sua volontà, espressa quando in piena capacità di intendere e volere. Anche la famiglia, certo, ha il diritto di continuare a sperare, il legittimo desiderio di veder respirare un corpo che non potrà mai fare altro. Hanno tutta la nostra simpatia, il nostro rispetto, la nostra comprensione. Ma, per amore, stanno compiendo sul loro congiunto un atto di violenza che l'amore spiega ma non giustifica. Altro problema è quello di un'organizzazione della giustizia europea, maestosa e incombente, che scavalca e finisce per rendere vane le leggi dei singoli Stati. La Corte europea dei diritti umani (istituzione di per sé civilissima, ultimo appello per i condannati di qualsiasi genere) ha accolto la richiesta dei familiari del malato, però ha oltraggiato sia le legittime volontà del cittadino francese, sia le leggi del suo Paese. Così i «diritti dell'uomo» (il singolare non fu scelto a caso) si trasformano in diritti degli uomini, dei più numerosi e dei più forti e sani, quelli di una famiglia che, per troppo amore, vuole vivo un figlio che invece desidera morire per troppo dolore. Vincono gli uomini e perde l'uomo, l'individuo. Perde Lambert, il più indifeso, che non vedrà rispettate le sue volontà. Peggio: la Corte europea ha vietato di trasferirlo in uno di quei Paesi dove l'eutanasia si potrebbe fare più facilmente. Cioè, invece di ritirargli la vita, secondo i suoi desideri, gli si ritira il passaporto, come fosse un delinquente. È un'ingiustizia.

Sia fatta la volontà del povero cristo Lambert, che non si può difendere ma che aveva avuto, sacrosantamente, il diritto di scegliere. Non lo si uccide lo stesso così?

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