Politica

False accuse, botte e insulti Ma chi difende i poliziotti?

Alessandro Pansa, appena promosso capo della polizia di Stato, deve già affrontare una grana: gli incidenti avvenuti a Terni durante una manifestazione organizzata dai lavoratori della Thyssen in crisi e, quindi, in procinto di ridimensionare gli organici (se non di chiudere del tutto). Non ci addentriamo nelle problematiche sindacali, dato che non conosciamo a fondo i motivi della vertenza. La questione che ci sta maggiormente a cuore riguarda piuttosto l'ordine pubblico. Secondo quanto riferito dalle cronache giornalistiche, le maestranze in agitazione sono sfilate in corteo e, a un dato momento, contrariamente ai programmi, hanno tentato di entrare nella stazione ferroviaria. Per bloccare il traffico dei treni? È probabile, altrimenti non si comprenderebbe (...)

(...) perché i protestatari volessero irrompere in quel luogo.
Qualcuno ora dice che l'intento dei lavoratori fosse quello di inscenare una dimostrazione simbolica. Simbolica di che cosa, però, non si sa. Vabbè, andiamo avanti. Si dà comunque il caso che sia vietato «attaccare» e magari interrompere i servizi pubblici, inclusi i trasporti. Pertanto la polizia, quando ha intuito che i manifestanti erano in cammino verso la stazione, si è opposta. Di qui gli scontri. Il solito copione: gli operai esasperati che pretendono di avere il diritto di andare oltre il consentito, e gli agenti che, invece, hanno l'obbligo di far rispettare la legge. E giù botte.
Nel pieno dei tafferugli anche il sindaco della città, che si trovava nel corteo degli esagitati, ha rimediato una legnata. Gli scioperanti affermano che gliel'abbia rifilata la polizia. Questa sostiene invece che s'è trattato di un'ombrellata sferrata da un dimostrante dall'animo talmente esacerbato da impedirgli di controllare il suo furore. Vai a sapere chi abbia ragione e chi torto. Sta di fatto che su questo episodio in particolare, e sui disordini in generale, è scoppiata una polemica. Non è la prima e non sarà l'ultima. Ciò che stupisce è che ogni volta la tendenza sia la seguente: i manifestanti sono povere vittime e i poliziotti biechi picchiatori ben felici di menare manganellate e di fare a botte.
Sul punto non siamo d'accordo. Gli agenti sarebbero assai contenti di rimanere in caserma a giocare a scala quaranta o a dama, fumare sigarette e bere birra. Quando sono comandati di scendere in piazza per arginare la foga del popolo incazzato, ubbidiscono perché non possono fare il contrario. Si attengono alle disposizioni superiori. Se il capo dice loro che il corteo non è autorizzato a irrompere in un determinato sito, essi si adeguano e contrastano gli indisciplinati con le armi di cui dispongono, non certo distribuendo fiori a destra e a manca.
C'è un modo diverso per mantenere il cosiddetto ordine pubblico? Non è ancora stato inventato. Per cui ditemi voi che senso abbia aprire inchieste per scoprire se l'appuntato Tizio o l'assistente capo Caio abbiano un po' esagerato nel contenere l'esuberanza proletaria. Ci rendiamo conto: un uomo che rischia di perdere il posto e il salario non è sereno, ma tanto sereno non è neppure chi è incaricato di tenerlo a bada, evitando che si segga sui binari impedendo l'arrivo o la partenza di un direttissimo.
Quanto poi a incolpare sempre la polizia, per favore piantiamola. Al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, rivolgiamo una preghiera: in difesa dei suoi uomini faccia sentire la sua voce. Se ce l'ha. O cambi mestiere. Non è mai troppo tardi.

segue a pagina 17

Zurlo a pagina 17

di Vittorio Feltri

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