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Fratelli d'Italia attacca: "Ci vuole il coraggio di dire addio all'euro"

La Meloni sfida la Merkel e l'alta finanza: "Al Paese non conviene restare nella moneta unica". L'ambizione: guidare il centrodestra

Fratelli d'Italia attacca: "Ci vuole il coraggio di dire addio all'euro"

«Noi siamo qui in nome del popolo italiano. E se diranno che siamo populisti chi se ne frega, meglio populisti che servi». Giorgia Meloni, davanti a quattromila persone tra cui Donna Assunta in prima fila ad ascoltarla, incassa a Fiuggi la ratifica della sua nomina come presidente di «Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale», già sancita dalle primarie. Una conquista di genere tutt'altro che trascurabile, celebrata nel giorno della Festa della donna, anche se lei di quote rosa non vuole proprio sentir parlare: «Sono degradanti».

Per la giovane leader è il discorso più importante della sua carriera politica, oltretutto in un luogo che richiama alla memoria le storiche svolte degli anni '90. Sulle sue spalle grava la responsabilità di riaccendere il motore della destra italiana, restituire dignità e credibilità a un mondo che si è disperso in mille rivoli e incarnare le speranze di coloro che prima - e non dopo - le elezioni hanno deciso di mettersi in gioco in un partito autonomo. Una sfida per la quale la Meloni sfodera la consueta grinta, accompagnata da un pizzico di ironia e molta multimedialità. Durante il suo intervento sul maxischermo alle sue spalle compare un fotomontaggio della Famiglia Addams con lei, Guido Crosetto e Ignazio La Russa nei panni dei protagonisti della serie tv. Ancora La Russa finisce nel mirino con una foto ritoccata in cui l'ex ministro della Difesa parla con Giuseppe Garibaldi. E poi le immagini della tolkeniana «Compagnia dell'anello», riferimento consueto e inscalfibile nel mondo della destra.

«Non torniamo ad An, ma qui oggi celebriamo la ripartenza da Alleanza nazionale intesa come partito-polo. In questi mesi siamo stati gli unici a difendere i valori di centrodestra, vogliamo continuare a farlo con maggiore vigore». È il preludio per l'affondo anti-euro, non più trattato come una ipotetica dell'eventualità (tra gli stand circola anche una finta moneta «no-Merkel») ma come vera e propria necessità. «È venuto il momento di dire che stare nell'euro, a queste condizioni non conviene all'Italia. È mancato in questi anni un partito che sapesse mettere gli interessi degli italiani prima di tutto, davanti a quelli della grande finanza e noi lo stiamo costruendo». Nella mente di molti risuonano le parole di Gianfranco Fini e l'accusa di essere dei «bambini viziati». La Meloni liquida la questione con una frecciata (e subito scattano i fischi della platea per l'ex leader). «Non ho mai voluto rispondere a Fini - tuona dal palco - ma non mi spiego il suo astio per chi cerca di costruire qualcosa che a lui non interessa più. Non posso accettare che parli di bambini viziati: casomai qui ci sono giovani che sono dovuti crescere troppo in fretta dopo che il padre è scappato di casa ed è andato in giro per il mondo a sperperare il patrimonio».

La giovane leader parla anche di Renzi e lo paragona al capitano Schettino: «Va in Europa dalla Merkel a fargli l'inchino. E in che giorno lo farà? Il 17 marzo, giorno della nostra unità nazionale. Si dovrebbe vergognare. Ci vada l'8 settembre!». Stoccate anche per il Ppe. «Non rimarremo in un Ppe guidato dalla Merkel e asservito ai potenti di turno». Una svolta che sarà rafforzata da un accento chiaro sull'identità politica: «Vogliamo creare il partito della Nazione. Un movimento capace di mettere l'interesse degli italiani prima di tutto. Un movimento che non abbia paura di fare scelte di campo.

L'esatto contrario di quello che stanno facendo gli altri partiti italiani».

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