Politica

I debuttanti delusi: il nuovo Parlamento fa solo fumate nere

La "stagione del cambiamento" si apre con lo stallo sulla presidenza delle Aule. E i neo eletti si scontrano con la "lentezza" del Palazzo

I debuttanti delusi: il nuovo Parlamento fa solo fumate nere

L a rivoluzione bianca è un trasloco. Sono le dieci del mattino e da Montecitorio una catena di commessi porta in basso una decina di scatoloni con su scritto: on. Casini. Destinazione Palazzo Madama. La paura è che i gattopardi abbiano solo cambiato indirizzo. Scene di una nuova stagione politica. Tutti cercano i grillini. La teoria di partenza è che bisogna marcare quelli vestiti un po' così e magari senza cravatta. Nell'ordine vengono fermati: quattro o cinque neo eletti del Pd, un montiano disperso, qualche pidiellino camuffato, una scia di giornalisti random, la figlia di una parlamentare, due turisti americani che cercavano piazza di Spagna e sono finiti da Giolitti. Gli unici cinquestelle beccati erano rei confessi e avevano ricevuto il mandato dalla rete di rispondere a qualche domanda. Dove stanno i grillini? Ci sono. Stanno dentro. Seduti sui banchi del Parlamento e escono solo in gruppo per mangiare, senza guardare in faccia nessuno e con lo sguardo un po' sospetto di chi non vuole farsi fregare. E se non si sono fatti notare è perché in questo marciapiede che è Montecitorio era quelli vestiti più a modo, giacca, cravatta, e nessuna sbavatura. Sono andati in Parlamento come si va al lavoro e quindi si sta sui banchi in attesa di fare qualcosa. Cosa? È questo il problema. Più passa il tempo e più si capisce che qui il tempo viaggia in un'altra dimensione. Einstein docet.

La sirena che raduna onorevoli e cittadini suona senza sosta. Tutti la ascoltano, nessuno si muove. Rosy Bindi è seduta al solito posto, sul secondo divano a destra spalle al ristorante. Intorno a lei gente che ascolta e fa capanna. Rosy, onorata e onorevole, sorride. Quelli che la tv fanno la spola tra il Transatlantico e le postazioni in cortile. Brunetta scivola veloce dribblando come Messi giornalisti e colleghi. La Brambilla ticchetta su tacchi dodici, breve apparizione di Bersani a testa bassa e occhi di fuoco come Riccardo III al termine della battaglia, quasi si aggirasse gridando: un giaguaro, il mio regno per un giaguaro. I commessi in blu marina impassibili osservano tutto e non commentano. I cronisti più anziani ricordano l'odore di futuro che si respirava nel '94, quando la

Seconda Repubblica veniva battezzata. Sono passati quasi vent'anni e il futuro è scappato da qualche parte, probabilmente alla fine del mondo. Si crepa invece di noia. E nell'aria c'è quest'atmosfera di strana malinconia, come se l'aula sorda e grigia aspettasse con sgomento i bivacchi di qualche manipolo. Ma è solo la suggestione di questo stallo, di un tempo sospeso di una politica che non sa che fare. Quando alla buvette arriva Marta Grande, volto da copertina dei cinquestelle, due onorevoli di lungo corso la fermano mentre lei mangia un panino. È una scena da liceali, con quelli del quinto che esplorano la ragazza carina del primo anno. Il finale è lo stesso. Marta li ascolta per quattro secondi, poi scivola via con espressione scocciata e infastidita. Altrove si parla della sua laurea americana: vale o non vale? Vista la noia si spera in un caso alla Giannino. Non sarà così.

Ma cosa siamo venuti a fare? Quando anche a Roma scende la sera li vedi uscire con la faccia sfatta e un vago senso di colpa. La politica è un mestiere lento. È due camere e un transatlantico. È una buvette e un'osteria del tempo perso. È una giornata senza pretese, una di quelle in cui alla fine ti chiedi che cavolo hai combinato e la risposta è da sfigati. Tre votazioni a Montecitorio, due a Palazzo Madama. Risultato: non c'è neppure l'ombra di un presidente, né lì e né là. Era già tutto previsto. Sui palazzi sventolano una litania di schede bianche, interrotta solo dal voto cinquestelle. Bianca, Fico, bianca, Fico, bianca, bianca, bianca, Fico. Al Senato è la stessa cosa. Basta sostituire Fico con Orellana. Piccolo giallo sui voti cinquestelle a Fico. Ne manca uno: 108 su 109. C'è già un grillino che ha tradito? No, c'è uno che ha sbagliato. Invece di scrivere Roberto Fico si è lanciato in un Raffaele Fico. Capita. Certe cose ti restano in testa. Fico? Fico? Raffaella come la ex compagna di Balotelli? No, è maschio. Sarà Raffaele. Annullato. I «cittadini» hanno capito che il potere si difende con i suoi riti e le sue liturgie. Roberta Lombardi, capogruppo cinquestelle, commenta amara: «Un giorno perso. Con un metodo normale una votazione del genere si potrebbe chiudere in mezz'ora. È uno spreco di denaro pubblico, almeno 420mila euro». La sirena di Montecitorio suona il suo lamento: venite, venite in aula. Ma c'è sempre tempo per un altro caffè.

E domani? Domani si vota.

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