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I due marò in Italia ma solo per votare Oggi l'India decide

La Corte suprema esamina la richiesta avanzata dai legali di Latorre e Girone: "Devono poter esercitare un loro diritto"

I marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre
I marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre

I marò tornano in Italia, per votare, se i giudici indiani concederanno la solita «licenza». Oggi alle 14 nel tribunale numero 1 della Corte suprema di New Delhi, responsabile del destino di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, si discute la nuova istanza italiana.

I fucilieri di Marina hanno chiesto «un permesso di 4 settimane per tornare in Italia a votare e per salutare le proprie famiglie» spiega Diljeet Titus, l'avvocato che coordina la difesa dei marò.
Quella di oggi sarà la prima udienza che potrebbe già chiarire se il permesso, simile a quello ottenuto lo scorso Natale, verrà concesso oppure no. Altrimenti ci vorranno un paio di giorni. L'avvocato Titus è fiducioso: «Non vedo perché non gli debba essere concesso».

La special leave petition è stata preparata in gran segreto ed inserita nell'agenda processuale per oggi. Il tribunale numero 1 risponde al presidente della Corte suprema, Altamas Kabir, che fin dall'inizio ha gestito lo spinoso caso dei marò. L'istanza verrà discussa nella sessione pomeridiana che inizia alle 14, ovvero le 9.30 in Italia. La richiesta italiana verrà illustrata da Arish Salve, l'avvocato che lo scorso anno ha sostenuto la battaglia legale presso la Corte Suprema a favore dei marò.

Latorre e Girone hanno già usufruito di una «licenza» di due settimane per Natale. Allo scadere del permesso sono rientrati in India a testa alta. Poi la Corte suprema ha deciso che lo stato del Kerala non aveva alcun diritto di processarli, ma non ha dato ragione all'Italia sulla giurisdizione. Per questo Latorre e Girone sono stati trasferiti a Delhi in attesa della costituzione di un tribunale speciale che si occupi del loro destino. Il tribunale dovrebbe venir formato su richiesta del ministero degli Esteri indiano a quello della Giustizia. Per il momento questo meccanismo non è ancora stato avviato.

A Delhi Latorre e Girone sono alloggiati in un edificio dell'ambasciata italiana, dove avrebbero potuto votare come il resto del personale e qualsiasi militare in servizio all'estero.
La tattica dei permessi sembra far parte di un accordo non scritto fra Italia e India per disinnescare il problema. Il caso marò, però, non si può risolvere a colpi di licenze, ma riconoscendo che la giurisdizione è italiana.

Se Latorre e Girone torneranno in patria a votare non saranno più i «fantasmi» della campagna elettorale. Ieri l'ex sottosegretario alla difesa, Guido Crosetto, di Fratelli d'Italia, annunciava: «Per i marò stiamo organizzando qualcosa venerdì a Milano in chiusura della campagna».

Curioso che dalla Difesa e dalla Farnesina si era imposto in queste settimane un profilo ancora più basso sul caso «per non farlo diventare oggetto di polemiche sotto elezioni».


Speriamo che al governo Monti non venga in mente di gonfiare il petto se l'India ci concedesse l'ennesimo «contentino» in salsa elettorale. Come è stato per la licenza di Natale ed il trasferimento a Delhi sono solo vittorie di Pirro fino a quando i marò non torneranno per sempre a casa.

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