Cronache

Il lato oscuro di Veronesi "Ha un figlio con un'altra"

La moglie dell'oncologo parla della loro vita insieme in un libro: "In macchina  mi disse: ti confesso una cosa..."

Il lato oscuro di Veronesi "Ha un figlio con un'altra"

Sultana Veronesi che oggi ha di nuovo, come da piccola, il «coraggio» di usare il suo nome senza più «addomesticarlo» in Susanna o «costringerlo» in Susy, di coraggi ne ha tanti. Se non fosse stato per l'ultimo, quello di scrivere un libro nel quale racconta tutto, ma proprio tutto, tradimento incluso, del suo famosissimo marito Umberto (Il cuore, se potesse pensare, Rizzoli), ce lo saremmo perso l'eroismo silenzioso di questa signora. Forse ci saremmo persi del tutto la signora. Perché delle mogli di certi uomini alle volte si parla troppo poco e dei lati oscuri di certi uomini ancora meno.
Per esempio Sultana, a undici anni, essendo un'ebrea turca, finisce a Bergen Belsen e poi miracolosamente ne esce, anche se lasciandoci un rene e la serenità di tutte le sue notti a venire. Per esempio Sultana, dopo Bergen Belsen, il rene e un sacco di altre cose, si laurea in medicina, con una specilità in pediatria. Per esempio Sultana, di bambini, nella sua vita, con suo marito Umberto, ne fa sei. E sì, anche questo è coraggio. Solo che l'oncologo di fama internazionale è lui. Il personaggio amato dalla «Milano bene» è lui, l'aitante, altissimo medico che una volta alla settimana si nutre solo di sorbetto, è lui. Sultana sta da qualche parte nell'ombra. Certo, ha delle bellissime perle alla prima della Scala, è competente, elegante, «sempre a posto» ogni volta che adorna il braccio del famosissimo consorte. Ma di Sultana non si parla. Non si parlava. Fino ad oggi. Oggi che ha dato alle stampe il racconto di una vita, prima e durante ma soprattutto durante l'incontro con l'uomo che, nel bene e nel male, le ha cambiato la vita.

La cosa migliore di tutta questa faccenda è che quello che poi è diventato un libro, è in realtà nato come un diario. Era ai suoi figli e ai suoi nipoti (gli unici già in grado di sapere quanto peso avesse, abbia e abbia avuto per tutta la vita, quella minuta mora accanto a Umberto) che Sultana voleva raccontare ogni cosa. E solo a loro. Ma un giorno un'amica di sua figlia le consigliò: «Ma perché non ci fai un libro, con tutta questa roba?». E libro fu. In due stesure a dire il vero: la prima, ritirata, e questa, un po' più mansueta. Grazie alla quale oggi sappiamo anche di quella volta in cui, «in macchina Umberto, continuando a fissare la strada mi disse: “ti devo confessare una cosa, ho un figlio di quattro anni”» e lei si sentì «gelare».
Ci sono donne che chissà perché restano «invisibili» per troppi anni e uomini che chissà perché, tradendo ci tradiscono tutti, più di altri. Ma poi lo sappiamo benissimo il perché, Sultana è rimasta «opaca» dietro al suo uomo per una vita, ma sappiamo che opaca non poteva essere se era stato proprio lui a sceglierla; e sappiamo altrettanto bene che nell'immaginario comune un medico, e quel medico in particolare, è qualcuno che abbiamo bisogno di immaginare intonso come il camice al quale cadiamo addosso.

Invece la vita è passata, passa normale anche su quelli come loro. Lucida e sporca e inverte le parti. Che poi, a guardarli bene gli occhi di Sultana, si poteva capire tutto: due carboncini severi in mezzo alla faccia fiera. «In fin dei conti, poi cosa avrò mai scritto?! Il libro è pieno di elogi per mio marito, e tutti sapevano già tutto; ma era importtante che i miei figli e i miei nipoti sapessero...». Si riferiva «all'altra», a quell'oncologa bionda con la quale la gente era abituata a vedere suo marito. Che si alternava a lei agli appuntamenti con quella Milano bene che le faceva i sorrisi e per la quale Sultana indossava di buon grado le perle e andava dal parrucchiere e usciva ad adornare o forse a «sfoggiare» quel famosissimo marito bello, alto e «addomesticatamente» infedele, in fuga ma sotto controllo. ... Per esempio Sultana, a undici anni, essendo un'ebrea turca, finisce a Bergen Belsen e poi miracolosamente ne esce... Cosa sarà mai un capitolo da dedicare all'adulterio, in ottantun'anni vissuti davvero pericolosamente? Cosa sarà mai un settimo «figlio» dopo averne avuti sei, e a ver temuto per la vita di uno di loro (dopo che per la propria, da bimbetta)? Una bionda imprevista è una lite di condominio. Specie se la si riesce a infilare in un capitolo. Chissà perché Sultana non se l'è «permesso» prima quel nome, per i tanti anni «in mezzo» alla sua vita: c'è il suo destino in quel nome.

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