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Legalizzare le prostitute. Il Pd presenta un ddl per regolarizzare i sex workers

6mila euro da pagare in anticipo alla Camera di Commercio; i Comuni potranno scegliere un luogo pubblico in cui consentire l'esercizio della professione. Ecco cosa prevede il ddl

Legalizzare le prostitute. Il Pd presenta un ddl per regolarizzare i sex workers

"Buongiorno, dichiaro di svolgere l'attività di prostituta". Questa frase, pronunciata alla Camera di Commercio, potrebbe diventare presto realtà. Perché mai come adesso le forze politiche sembrano convergere sulla legalizzazione della prostituzione. Infatti, un disegno di legge della senatrice del Partito Democratico, Maria Spilabotte, si propone come obiettivo quello di "regolamentare il fenomeno, attribuendo ai sex worker diritti e doveri, tra i quali anche il pagamento delle tasse". Insomma, oltre alla Lega Nord (che da tempo conduce questa battaglia), ai Fratelli d'Italia, anche i democratici seguono questa linea. Nel ddl c'è anche la firma di Alessandra Mussolini. Ma cosa prevede il testo?

Intanto che "gli enti locali, di comune accordo con gli organismi del privato sociale operanti in tale settore, con le associazioni delle prostitute e, qualora esistano, con i comitati dei cittadini, possono individuare luoghi pubblici nei quali è consentito l’esercizio della prostituzione, concordando orari e modalità di utilizzo degli stessi. In tali luoghi è garantita la presenza di presidi sanitari e il presidio del territorio è assicurato dalla presenza di corpi di polizia a composizione prevalentemente femminile". Nessuna sanzione per chi, per esercitare la prostituzione, utilizza una privata dimora di cui ha la legittima disponibilità, anche ospitando persone, dedite alla medesima attività, senza che intermediari conviventi traggano profitto dall’attività di altri. Non è punibile il proprietario di un immobile che legittimamente lo concede in locazione, in uso, in abitazione, in usufrutto o in comodato a persona che ivi eserciti la prostituzione".

Cosa dovrà fare una prostituta o un gigolò per esercitare la professione? "Dovrà comunicare presso una qualunque sede delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) presenti sul territorio nazionale l’intenzione di esercitare la professione; corredare la comunicazione di un certificato di idoneità psicologica; il pagamento anticipato, su conto corrente intestato alla CCIAA alla quale si è scelto di effettuare la comunicazione, di una somma stabilita in euro 6.000 per l’esercizio full-time e in euro 3.000 per l’esercizio part-time, specificando tre dei giorni della settimana durante i quali si decide di esercitare", recita il testo del ddl.

Che poi prevede che sia facoltativo (e non obbligatorio) "allegare un certificato di sana e robusta costituzione che escluda la positività a qualunque malattia che potrebbe essere trasmessa per via sessuale". L'autorizzazione a esercitare la professione potrà essere rilasciata solo ai cittadini italiani dell’Unione europea o stranieri regolamente soggiornanti sul territorio nazionale. I soggetti autorizzati ai sensi del comma 3 sono assoggettati al regime fiscale e previdenziale previsto per legge. I soggetti autorizzati possono inoltre costituire una cooperativa per l’esercizio associato dell’attività di prostituzione e assoggettarsi al regime fiscale e previdenziale previsto per legge".

Infine, il provvedimento prevede che "per l’esercizio della attività di prostituzione sia obbligatorio l’uso del profilattico e che nelle scuole secondarie di primo grado devono essere dedicate almeno venti ore l’anno a programmi e campagne di informazione, realizzate da specialisti altamente qualificati, volte alla prevenzione e alla riduzione del danno sanitario e sociale connesso al fenomeno della prostituzione".

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